L’Accademia racconta L’Aquila a Venezia
L’Aquila – Verrà presentato il 10 settembre, nell’ambito della 67/ma Mostra del Cinema di Venezia, il filmato “L’Aquila. Un anno dopo” realizzato dagli allievi del III anno di corso dell’Accademia dell’Immagine, nell’ambito del workshop didattico svolto quest’anno con la supervisione degli insegnanti Gianfranco Rosi e Stephen Natanson e in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia. Il documentario della durata di circa 25 minuti è stato inserito, fuori concorso, nella sezione ufficiale del Festival “Orizzonti”, dedicata alle nuove tendenze del cinema mondiale.
L’idea alla base del lavoro degli studenti è quella di raccontare – a partire dalla fiaccolata che il 6 aprile 2010 ha ricordato le vittime, la paura e lo smarrimento della notte dell’anno precedente – il cambiamento subito dalla città dell’Aquila, ancora una volta ad opera di un evento sismico: uno stravolgimento umano, urbanistico e sociale.
Attraverso attente inquadrature di quello che è L’Aquila oggi, con i suoi luoghi disabitati e le nuove aree di socialità (le c.a.s.e., i centri commerciali, le fermate degli autobus), si propone allo spettatore un viaggio, tra centro e periferia, raccontato anche dalle parole di alcuni cittadini aquilani che, a vario titolo, sono stati testimoni e protagonisti di questo momento difficile ancora da interpretare e razionalizzare. Il filmato, accompagnato dalla musica composta dagli allievi del Conservatorio “A. Casella” e con il supporto tecnico di Agorà srl e della Onlus The Co2, si propone quindi di essere un primo capitolo di un film collettivo da portare avanti negli anni e affidato, di volta in volta, agli allievi dell’Accademia dell’Immagine. L’obiettivo è quello di conservare la memoria delle esperienze trascorse e dei momenti che la città dell’Aquila dovrà affrontare per tornare ad una nuova “normalità”.
Questi i nomi degli studenti che hanno realizzato il cortometraggio: Danilo Barozzi, Sebastiano Cantalupo, Marco Castellani, Fabio Ciotti, Antonio Iacobone, Stefano Ianni, Carlo Liberatore, Cosimo Gabriele Scarano, Antonio Moscaggiura, Alessandro Venuto ed inoltre Matteo Di Berardino, Antonella Deplano, Armando Verrocchio, Lorenzo Settevendemie. Alcuni di loro hanno descritto questa esperienza didattica, ma anche e soprattutto di ricerca e di scambio umano.
“Ci sono momenti o periodi trascorsi – ha annotato Fabio Ciotti – che ti cambiano diametralmente. Da lì in poi c’è il prima e il dopo quella esperienza che ti ha condotto in una nuova direzione di vita. Questo film per me è stato tutto questo; un nuovo panorama del cinema, l’avere nuovi punti di vista, la sottile linea di confine che separa la fiction e il documentario, le forze potenziali che governano il cinema segretamente e in ultimo la cosa che mi ha maggiormente stravolto l’animo: la possibilità di fare film con poco e con le proprie forze. L’Aquila è il riassunto di questo, e lo è anche il film che è l’ anima velata e sospesa di una città che ha subito un torto, ormai dimenticato dopo un anno esatto dalla tragedia, che racconta un giorno di raccoglimento che culminerà con la fiaccolata e la celebrazione delle 308 vittime, catturando testimonianze, racconti, voci, rumori, silenzi, in un viaggio che inizierà in incognito dentro un pullman, che viaggerà raccogliendo storie che hanno deciso di salire in una corsa senza biglietto e senza meta”.
Carlo Liberatore ha così commentato: “L’approccio alla descrizione di una realtà drammatica come quella aquilana deve tenere conto di una capacità di osservazione che sappia valicare i confini del visibile e protrarsi in una dimensione in cui si esplori il non detto. Credo che la forza di questo breve documentario risieda nella capacità di sottolineare non tanto ciò che è accaduto, ma quanto l’universo dei silenzi, degli sguardi delle persone che ne sono protagoniste. Questo è stato l’insegnamento che più di tutti ho fatto mio: la bellezza del reale suscitata dalla verità, un’autenticità figlia di sentimenti universali come il dolore e il senso d’identità. E’ stato un viaggio introspettivo, uno sguardo sul significato della parola appartenenza. Un confronto con la consapevolezza della perdita e l’essenza delle vite sospese.”
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