16 mesi di tentare di rinnovare un distributore: prima o dopo il sisma L’Aquila non cambia


L’Aquila – SE QUESTA E’ LA RINASCITA… – Per ampliare e riaprire in maniera decente una stazione di servizio, 16 mesi non bastano. E’ così che L’Aquila… riprende a vivere. Rialza la testa, o come si dice nella blaterante retorica che ammorba anche giornali e cerimonie ufficiali. No, riprendere a dormire i suoi sonni profondi, la sua inerzia perniciosa. Ma raccontiamo la storia, che è in atto, ancora in questi giorni.
BUROCRAZIA PALUDE – “Prima” del sisma, cioè nell’altra vita, la burocrazia aquilana (sia quella delle istituzioni locali che quella di uffici statali perfettamente allineati ai malvezzi locali) era qualcosa di terribile: una palude gorgogliante che inghiottiva buone intenzioni, iniziative, speranze, tentativi di avviare un’attività, di aprire un negozio, un’officina, un’azienda artigiana, oppure un cantiere, ma anche semplicemente di ottenere il più semplice degli interventi. Tanto per dirne una, installare un’insegna luminosa, o innalzare un muretto.
TUTTO COMINCIA NEL 2008 – La stazione di servizio di cui parliamo si trova alle porte della città. E’ stata distrutta dal terremoto ed ha riaperto adoperando un container. La compagnia petrolifera, ovviamente, non intende rimanere in queste condizioni ed ha presentato il progetto di un impianto nuovo. A dire il vero, voleva farlo fin dal 2008 ed aveva, aspettando mesi e mesi, ottenuto alla fine tutti i permessi per l’intervento. Metri e metri quadrati di scartoffie, domande, planimetrie, elaborati tecnici, un interminabile andirivieni tra comune, altri uffici e Anas.
NEL 2009 SI RICOMINCIA – Tutto ok. ma ad aprile 2009 arriva il terremoto, e l’intera pratica relativa al distributore va smarrita: non esistono più le carte. La compagnia ricomincia pazientemente a maggio 2009: nuovamente andirivieni e carte a pacchi tra comune, uffici di tutela ambientale, Anas. Un itinerario estenuante, inesauribile, puntiglioso, tignoso, perchè esiste qualche problema di natura ambientale ed ecologica: niente che non si possa risolvere, comunque. La storia si ferma qui: ci sono voluti addirittura 16 mesi e il problema sembrerebbe solo ora risolto, i lavori dovrebbero cominciare a settembre.
QUALE RIPRESA RAPIDA? Ma sia gli operatori economici locali, che soprattutto gli investitori e gli imprenditori che arrivano da fuori per operare nel territorio si chiedono: 16 mesi sono un tempo sterminato, eccessivo. Gli uffici e i burocrati si muovono come lumache, peggio di prima, perchè hanno il pretesto di ambienti di lavoro precari e scomodi. Ma soprattutto è il metodo che, terremoto o non terremoto, non cambia: per avere risposte occorrevano anni, e occorrono anni. E’ il gioco la rinascita, la ripresa delle attività, e i politici se ne riempiono la bocca.
TUTTO PEGGIO DI PRIMA – Ma non è cambiato nulla, assolutamente nulla: anzi, è peggio di prima.
In Irlanda una fabbrica che si accinge ad insediarsi ottiene tutti i permessi in 15 giorni: chiari, definitivi, senza mazzette e senza ruote da ungere, senza dover ripregare untuose mezze maniche che nicchiano e frappongono difficoltà per avere, diciamo, un regalino a Natale. Che paese felice…


23 Luglio 2010

Categoria : Cronaca
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