Clan e imprenditori, cricca per fare soldi sulla città distrutta, sui morti e sul dolore
L’Aquila – Le agenzie di stampa da Napoli pubblicano una serie di resoconti sui rapporti tra la camorra e gli imprenditori, che servono a fare su come avvenivano i contatti per fare poi soldi sul terremoto. “Li’ a fare i lavori voi… noi… C’abbiamo come fare no?”. Michele Gallo, uno degli arrestati nell’ambito dell’inchiesta sulle infiltrazioni del clan dei Casalesi negli appalti post-sisma in Abruzzo, vuole rassicurazioni da un imprenditore aquilano. E l’imprenditore aquilano non esita: “Ah, si’! Poi l’altre cose non e’ un problema… Anzi dopo ti spiego pure a voce quello che dobbiamo fa”. “Giovedi’ mattina vi porto i soldi”, aggiunge. Sono frammenti di una intercettazione telefonica che chiarisce il tipo di rapporto che si e’ instaurato tra il ‘braccio economico’ del clan e l’imprenditoria locale abruzzese. Intercettazioni che hanno poi trovato riscontro nelle verifiche bancarie compiute su i due interlocutori. “A livello di lavoro ora come funziona?”. Cosi’ Gallo cerca di informarsi su come muoversi per entrare nell’affare e il suo interlocutore aquilano spiega che il terremoto e’ ancora in atto. “Dobbiamo aspettare un attimo, penso una settimana dieci giorni anche per vedere come seguitano queste c… di scosse”. Sono i giorni immediatamente successivi al sisma del 6 aprile 2009, ma la camorra ha gia’ intuito che la tragedia puo’ diventare un grosso affare e che possono essere sfruttati contatti locali avviati ben prima. C’e’ da provare adesso il “peso” di questi contatti. “Ma voi come state… Come state situato… Riusciamo a fare i lavori?”, chiede l’imprenditore del clan. E il contatto locale indica anche la zona dalla quale si puo’ partire: “Si puo’ fare anche per la zona di Ocre, e’ stata quella meno colpita, proprio non… Eh… Non ci stanno problemi la’… Grossomodo insomma al 90%…”. E’ un rapporto stretto quello che si e’ costruito tra l’imprenditoria locale e il gruppo camorristico. Non solo gli affari della ricostruzione, gli imprenditori dalla faccia pulita si prestano anche a riciclare assegni e a custodie armi per conto del clan. Aderiscono spontaneamente, intuendo i vantaggi che la protezione criminale puo’ offrire loro o subiscono pensanti minacce. In entrambi i casi non collaborano. “In questo senso l’etica dell’economia – spiega il procuratore Federico Cafiero de Raho – non viene applicata. Il ricorso costante a prestanomi ha creato una vera barriera per nascondere l’identita’ criminale”.
CERASOLI – “Pur non essendo stabilmente inserito” nel clan dei Casalesi, l’aquilano Cerasoli (che secondo le cooperatiive non ha incarichi di sorta) per il gip del tribunale di Napoli, “operava sistematicamente con gli associati” e, “nella sua qualita’ di soggetto ben inserito nel tessuto economico aquilano”, “poneva in essere atti finalizzati a favorire i soggetti giuridici riconducibili all’associazione e prodromici alla successiva aggiudicazione di appalti”. Cerasoli, dunque, e’ indagato per concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso. E’ lui, dicono le indagini, “a reperire locali idonei” a ospitare a L’Aquila la Gam costruzioni srl, che l’imprenditore della camorra Michele Gallo decide di costituire con i soldi del clan per ottenere il conferimento di lavori. E’ gia’ prima del sisma del 6 aprile 2009, a febbraio, le intercettazioni documentano i forti rapporti tra i due. Il 3/2/2009 Cerasoli chiama l’imprenditore casertano e gli chiede 4mila euro (“senti un po’, mi servirebbero altri 4mila. Me lo puoi fare sullo stesso conto?”, dice) e promette all’interlocutore che a breve avra’ “un contributo di 92mila euro, da cui te li rido’ sicuramente quei 30 che avevamo fatto”. E sul conto della moglie, Alessandra Talamino, quel giorno la Gallo costruzioni effettua un bonifico di 4mila euro; gia’ il 27 gennaio ce ne era stato uno da 16mila euro.
(Nelle foto: sopra, un volantino rimasto a lungo sulle reti di recinzione della Cassa di risparmio – Sotto un’immagine dal film Draquila della Guzzanti)
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