Fini e il terremoto aquilano
Pescara – (di Carlo Di Stanislao) – Nel suo incontro al Circus di Pescara, il presidente della Camera Gianfranco Fini, plaude all’accordo raggiunto nella maggioranza sulle intercettazioni: “Oggi è stato raggiunto un punto di compromesso” e aggiunge “ha prevalso il buon senso”. Ha inoltre dichiarato: “Nel Pdl vogliamo continuare a rimanere perché è la nostra casa politica; lo dico con la ferma convinzione di chi sa che nel Pdl bisogna fare molto per migliorarlo”. Ma l’idea più importante l’ha espressa dopo e con molta chiarezza, ripetendo che è necessario partire da un dato di fatto: la fine delle ideologie non significa la fine delle idealita’; non può significare la fine della passione politica, della volontà di migliorare la qualità della nostra società. Limitarsi alla gestione, seppur faticosa, della quotidiana fatica di governo, non e’ sufficiente. D infine l’affondo: “Spero che nel Pdl si possa discutere ed eleggere le strutture di partito, a partire da quelle locali come si fa nei partiti democratici, per decidere chi ha i mezzi, le capacità e la credibilità per dirigerlo. Per questo – aggiunge il presidente della Camera – è venuto il momento di fare il congresso”. In visita alla nuova, bellissima redazione de Il Centro, ha anche parlato di noi aquilani terremotati. “Il sisma dell’Aquila è stata una tragedia senza precedenti nella storia recente. Non è facile intervenire su un centro storico, ma capisco chi dice: mi avete ridato una casa ma non la mia città. Non soltanto per il numero delle vittime, da questo punto di vista vi sono stati terremoti ancor più dolorosi, ma soprattutto per l’impatto che ha determinato in una città capoluogo ricca di storia e con una sua identità ben precisa”. Ed ha continuato : “È impossibile pretendere che un albergatore mantenga gli sfollati nelle stanze se non è pagato” e ancora: “Mi spiegavano che la rapida rimozione delle macerie toglie la possibilità di ricostruire i palazzi storici. È evidente che intervenire in un centro come quello dell’Aquila è molto difficile”. Siamo felici, naturalmente, di queste parole ma ancor più di un giorno che segna una sorta di “rinsavimento” nel partito di maggioranza e di governo. In primo luogo la notizia, data dal Ministro La Russa, di ridurre da 121 a 96 unità l’ordine per gli aerei intercettori Eurofighter, con un risparmio di circa due miliardi e poi la saggezza sulle variazioni della Buongiorno circa il ddl. Certo qualche nube resta: nel caso degli aerei il fatto che governo sta valutando i costi del caccia multiruolo di quinta generazione F-35 Joint Strike Fighter, sempre di Finmeccanica, il cui presidente Pier Francesco Guarguaglini, (a cui La Russa ha espresso tutta la sua solidarietà), è coinvolto in un’inchiesta giudiziaria per una questione di presunti fondi neri. Circa le modifiche al ddl, le parole dell’inconvincibile Cavaliere, che durante la conferenza stampa di presentazione del Milan (che pare abbia deciso di tenere, anche quello come tutto il resto), dichiara: “Con le modifiche di oggi, si avrà una legge che lascerà la situazione pressoché com’è adesso”. Dall’opposizione il segretario democratico Pierluigi Bersani, parla di “mezzo passo avanti”, ma invita la maggioranza a mettersi d’accordo con se stessa dopo la freddezza dimostrata da Berlusconi. Invece Bocchino la pensa come Fini: “Sulle intercettazioni hanno vinto la ragionevolezza e il buonsenso e il testo che si profila è per noi un ottimo risultato con cui garantire il giusto equilibrio tra esigenze investigative, libertà di stampa e riservatezza dei cittadini”. Quasi a voler recuperare una certa credibilità nella opposizione, a cambiare il testo in mattinata era arrivato in Aula l’emendamento del sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo che prevede come “l’obbligo del segreto per le intercettazioni cade ogni qualvolta ne sia stata valutata la rilevanza”. Con l’emendamento al ddl e la cosiddetta ‘udienza filtro’, il gip, d’intesa con accusa e difesa, deciderà le parti pubblicabili delle intercettazioni e quelle che invece vengono secretate. La modifica stabilisce che “si afferma il principio che nel corso delle indagini l’obbligo del segreto per le intercettazioni cade ogni qualvolta ne sia stata valutata la rilevanza”. Per questo il Cavaliere è infuriato e oltretutto Caliendo non ha tenuto affatto ciò che sperava, poiché arriverà lo stesso la richiesta di sfiducia dell’Italia dei Valori. E per di più, il Partito democratico ha chiesto che Caliendo non segua più i lavori sul ddl intercettazioni, affermando, per bocca di Alfano, che teme di restare indietro rispetto a Di Pietro, “Quanto sta emergendo a suo carico è gravissimo – hanno dichiarato i due esponenti dell’Italia dei valori – Non è ammissibile che un sottosegretario alla Giustizia partecipi a riunioni segrete per influenzare decisioni politiche, appalti, processi e per provare a condizionare il voto della Corte Costituzionale sul cosiddetto Lodo Alfano. Caliendo deve andare a casa. La mozione di sfiducia è un atto dovuto. Auspichiamo, nell’interesse del Paese, che altre forze di opposizione la sostengano”.
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