Molinari a Pezzopane: non si specula sul dolore – Lei: altri lo fanno, io mi occupo di chi soffre
L’Aquila – Botta e risposta, con gabro e rispetto reciproco, tra il vescovo Molinari e la presidente della Provincia Pezzopane. Il primo paternamente ammonisce: non si specula sul dolore. La seconda fa notare: io sento il dolore, e dal primo momento lavoro per aiutare chi soffre. Altri hanno forse idee speculative. Riportiamo ambedue le lettere. Ecco quella dell’Arcivescovo Molinari alla Pezzopane:
“Cara Stefania, questa mattina iniziando il mio viaggio verso Torino, ho potuto leggere i quotidiani e mi ha colpito il titolo e l’articolo in prima pagina di uno di questi: era una tua forte protesta il tuo appello per far uscire subito gli sfollati dalle tende. Conosciamo tutti i disagi di chi vive in questo momento in una tenda. E ci auguriamo tutti che si possano trovare soluzioni migliori e rapide per mettere fine a queste difficoltà . Ma il tuo grido di protesta sembra dimenticare che siamo tutti interessati a risolvere subito il problema. La tua sembra essere un’accusa indiscriminata contro lo Stato, contro la Protezione Civile e contro tutti coloro che si stanno prodigando generosamente nei confronti della nostra popolazione e si stanno impegnando nella ricerca delle soluzioni concrete possibili. E’ facile, purtroppo, in questi momenti, cedere alla tentazione di speculare sulla tragedia che ci ha colpiti. Non è giusto far leva sui disagi e la stanchezza della gente che vive nelle tendopoli anche se è ertamente doveroso rimanere all’erta affinchè l’opera di ricostruzione avvenga nella trasparenza e velocemente. So che questo non lo vuoi ma si ricava questa impressione. Cara Stefania, non è di questo che la nostra città ha bisogno in questo momento. L’ho detto anche dinanzi al Papa e lo ripeto: oggi la nostra città ha bisogno di uomini e donne che cerchino con lealtà soluzioni concrete e condivise per il bene del nostro popolo. L’unità è la nostra forza, la divisione e la rissa sono la nostra più grande debolezza. Un caro saluto, sempre affettuoso, dal tuo vecchio professore”. La lettera è firmata confidenzialmente Don Giuseppe.
In serata, la risposta di Stefania Pezzopane:
“Caro Arcivescovo, per me sempre indimenticato don Giuseppe, ho imparato anche da te, mio professore di religione e di vita, a privilegiare innanzitutto chi è in difficoltà e poi preoccuparmi, semmai, dei potenti.
E’ proprio perché ho a cuore questa gente, la mia, questa terra dove sono nata e vivo, e perché rispetto i morti, alcuni dei quali portano il mio cognome e la storia della mia famiglia, che sono al lavoro dalle 3.33 del 6 aprile, un minuto dopo aver salvato la pelle, senza sosta. Chi tutto vede sa distinguere tra l’amore di chi lavora nella polvere per costruire e l’interesse di chi accarezza, persino ora, i velluti del potere. Non ho dubbi che tu, come me e come molti, sia interessato a risolvere definitivamente i problemi ed immediatamente i disagi di chi ha un tetto di tela e non rivedrà per anni la sua città .
Sollecitando più attenzione per le persone in difficoltà nelle tende e chiedendo per loro tempi brevi ed una migliore sistemazione, ora che i disagi si acuiscono, ho assecondato una necessità di rispetto per le loro vite già provate, non una ricerca di polemica. Non credo purtroppo, come tu credi, che questo sia un obiettivo di tutti gli attori di questo dramma. La tentazione di utilizzare il terremoto come un set elettorale è già venuta a qualcuno. Abbiamo visto utilizzare la leva del dolore e della paura, con promesse sulle macerie per disattenderle all’atto pratico del Decreto governativo, al solo scopo di aumentare i consensi nei sondaggi. Lottiamo perché questi ultimi si convertano ad una maggiore giustizia verso di noi e ad una migliore umanità , a cui lei stesso dovrebbe richiamarli. Più passano i giorni e più la disillusione si svela ai più. Per questo e solo per questo, perché non si chiudano in ritardo solo stalle vuote, stiamo lavorando in tanti senza divisioni ma senza ipocrisie e finzioni. E’ tempo ed è mio dovere nei confronti della gente che rappresento, spingere sulla vera ricostruzione di questo territorio senza fumo negli occhi e senza discriminazione rispetto a chi ha già goduto degli stessi diritti altrove. Mentre lo faccio non mi chiedo di che colore politico siano le false promesse o le buone idee. Le combatto o le assecondo se questo vale a ricostruire case, vite e diritti. Fra questi la mia casa, la mia vita, i miei diritti e quelli dei miei cari e dei miei concittadini. Stefania”.
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