Tanti cantieri e impalcature, pochi operai


L’Aquila – Zona Rossa – (G.Col.) – Il cronista fa quel che ogni tanto conviene fare per toccare con mano. Una mattina lavorativa e di bel tempo, se ne va nella zona rossa, ma anche nei quartieri periferici, a sentire la gente, e parlare con la gente. I politici emettono comunicati e fiumi di dichiarazioni. La gente non ha voce. In centro, silenzio ed erbacce, rifiuti, topi, vetri frantumati, rari voli di uccelli e stridii di rondini che normalmente nessuno sentirebbe. Le rondini sono ormai poche ovunque. In centro l’abbandono, tonnellate di legno e ferro, plastica e fibre spacciate come più resistenti del cemento armato. Ma in centro niente, proprio niente che somigli alla ricostruzione, se non per alcune chiese. Per S.Maria Paganica immense gru, vocìo di operai, lingue straniere, motori elettrici di frullini e scintille di saldatrici. Rovine sempre più frantumate. Anziani che camminano in silenzio cercano qualcuno per chiacchierare, come una volta.
Il cronista lascia il centro e punta su S.Francesco. L’edicolante dice: “Mah, cerchiamo di andare avanti, qualche giornale si vende. Il fatto è che qui non ci abita più nessuno, la notte è un buio quasi totale, spettrale come un film del terrore di Bava”. Eppure decine di edifici sono impacchettati tra impalcature, recinzioni, plastica per celare i lavori in corso. Pare che tutto sia vibrante di attività. “Invece non c’è nessuno, i cantieri sono finti, non ci lavorano operai: le imprese hanno arraffato l’appalto, innalzato le impalcature e se ne sono andate. Da mesi “. Girando per molte periferie, contiamo 27 cantieri attorno a palazzi e palazzine più o meno malmessi, ma neppure una squadra di operai al lavoro. Vediamo un operaio che, da solo, spalma cemento o gesso su alcuned fessure, nei pressi di via Aldo Moro. Niente e nessun’altro. Cantieri finti. Chi sa dove sono le imprese, che si impegnano dove c’è da guadagnare di più.
Di questo passo, nè ricostruzione, nè ristrutturazione, nè ritorni a casa o nei condomini. Di questo passo, altri 15 mesi si sommeranno ai 15 trascorsi e saranno 30, e poi avanti così, mentre il governo urla che i soldi ci sono, e le istituzioni locali dicono il contrario. Che sfaldamento, che vaporizzazione del reale.
Tentiamo di parlare con un operaio che fuma su un’impalcatura, stringendosi in una striscia d’ombra contro il Sole feroce. Capisce che siamo sospetti dalla macchina fotografica. Dice che è moldavo e non capisce niente, e quando ci allontaniamo si affretta ad attaccarsi al cellulare: “Qui c’è uno che rompe i coglioni”. Ha imparato l’italiano, quel tanto che gli occorre. (Nelle foto: lavori alla Cassa di risparmio, alla curia e i portici completamennte impalcati)


09 Luglio 2010

Categoria : Cronaca
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