Piceni, vibratiani, sabini: siamo tutti abruzzesi


L’Aquila – La Val Vibrata vuole andarsene con Ascoli, e la stessa cosa intende fare Amatrice. Pezzi d’Abruzzo e pezzi di Lazio migrano verso le Marche, almeno a parole. Secessione in cantiere anche nell’Alto Sangro, dove diversi centri (tra cui Castel di Sangro, il più importante) corteggiano il Molise: manco fosse la Val d’Aosta… Parte del Vastese, almeno anni fa, borbottava e voleva molisizzarsi. Conviene? I movimenti secessionisti riprendono vigore ora che le nuove province (per anni promesse da politici senza scrupoli, ipocriti come molti esponenti di questa specie umana) sono finite del tutto, anche come aspirazioni. Anzi, si parla di tagliarne qualcuna. Forse è bene ricordare agli immemori che motivi ce ne saranno forse (sul piano dell’economia e dell’interesse) ma non bisogna spacciarli come spinte di sapore storico e culturale. Siamo abruzzesi, sia pure con dialetti e culture diverse, perchè l’Italia non è mai stata coesa e omogenea e rimane più o meno quella dei comuni, o addirittura delle antiche regioni romane disegnate da Augusto.
La verità è che abbiamo in comune, nell’Abruzzo del Nord, una radice: siamo figli dei Sabini. L’antichissimo popolo del picus, il picchio, è originario della Valle dell’Aterno, a nord dell’Aquila, e forse precisamente del paesino di Tiora Mathiena, oggi Teora di Barete, un villaggio di poche case. Lì forse abitavano i Sabini, che ebbero diverse e importanti città scomparse (Lissa, presso Barete) come Amiternum da ritenere più “moderna” perchè sopravvissuta fino ad epoca romana. I Sabini abitavano la valle dell’Aterno fin dall’ottavo secolo avanti Cristo. Con i loro ver sacrum, la primavera sacra, migravano con buoi e simboli del picchio sia verso sud sia verso l’Adriatico e l’attuale terra picena. Che ha questo nome proprio in virtù del picus sabino, così almeno ritengono gli studiosi. Siamo, quindi, tutti abruzzesissimi e figli dei Sabini. E lo sono anche i romani, perchè rapirono le donne sabine qualche secolo dopo… Evidentemente erano belle, oltre che laboriose e virtuose. Sabino anche il territorio reatino e l’alto Lazio, fino ad Amatrice, appunto, che oggi guarda verso Ascoli con cupidigia economica. Se è per motivi di convenienza che puntiamo sulle vicine Marche, è comprensibile. Ma non mettiamo in mezzo la storia. (Nella foto un ratto delle Sabine artistico e idealizzante)


09 Luglio 2010

Categoria : Storia & Cultura
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