Il fascino di Celestino V, sobrio e ascetico
Città del Vaticano – ” Il dispiegarsi del Pontificato di Benedetto XVI ci permette di approfondire la sua conoscenza, ed emerge sempre di piu’ il tratto ascetico, quasi monastico della sua personalita’”. Lo scrive il quotidiano cattolico Avvenire in un editoriale, che si riferisce, senza citarlo, ai dubbi espressi ieri sulla Stampa dallo storico Franco Cardini riguardo all’opportunita’ di una rivalutazione del Papa che fece “il gran rifiuto” e che Dante Alighieri condanno’ all’inferno (ma che la Chiesa ha canonizzato).
Per Avvenire, e’ “innanzitutto la sobrieta’ dello stile” di Celestino V che “esercita un fascino cosi’ forte su Benedetto XVI”, fino al punto di averlo convinto a donargli, l’anno scorso, nella Basilica di Collemaggio a L’Aquila, donato il pallio indossato il giorno dell’elezione alla cattedra di Pietro, e di recarsi domenica scorsa fino a Sulmona per rendergli nuovamente omaggio mentre le diocesi dell’Abruzzo e del Molise celebrano l’VIII centenario della sua nascita”. Ma non si fermano qui, scrive il quotidiano cattolico, “le sorprendenti analogie non solo tra questi due successori del principe degli apostoli, ma anche tra i periodi storici”.
“Otto secoli fa – ricorda giornale della Cei – Pietro da Morrone cercava di ‘stare con Dio’ ritirandosi sulle vette impervie dell’Appennino abruzzese. Anche Joseph Ratzinger lo ha fatto per tanti anni, immergendosi nello studio dell’amata teologia. Poi quando entrambi sono stati chiamati al soglio pontificio, non hanno per questo abbandonato lo stile che li aveva contraddistinti in precedenza”.
Una seconda analogia emerge, sottolinea l’articolo, nella “capacita’ di vivere per gli altri”. “Stare con Dio – chiosa il vaticanista Mimmo Muolo che firma il commento – non allontana dagli uomini. Lo testimonia ad esempio la straordinaria vicinanza ai drammi del nostro tempo che Benedetto XVI testimonia ogni giorno non solo a parole. Persino la sua spiccata sensibilita’ ecologica lo avvicina al santo eremita di otto secoli fa. Perche’ in tempi di emergenza ambientale non perde occasione per ribadire – come ha fatto, del resto, anche a Sulmona – che ‘tutti devono sentirsi responsabili’ del futuro della Terra’”. Ma, conclude, “l’analogia piu’ interessante e’ forse proprio quella relativa alla temperie culturale. Il Papa che non esita a denunciare la ‘sporcizia nella Chiesa’ e a chiedere perdono per il male commesso da alcuni suoi figli, il Papa che addita nel peccato il nemico piu’ temibile per le comunita’ cristiane e che non si rassegna alla dittatura del relativismo etico, pone le premesse per una ‘rivoluzione’ di non minore portata rispetto a quella messa in atto da Celestino V contro i mali del suo tempo. E il fatto che capiti anche al Pontefice teologo di non essere compreso (fuori e, talvolta, anche dentro la Chiesa) proprio come il santo eremita di otto secoli fa, rafforza ulteriormente il parallelismo”.
(Nella foto il papa accanto alle spoglie di Celestino il 4 luglio a Sulmona)
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