I vulcanelli? In Abruzzo ce ne sono diversi – Quelli apparsi in Valle Peligna sono “normali”


vulcanelliL’Aquila – I “vulcanelli” sono sicuramente fenomeni che possono colpire, soprattutto l’immaginazione a forza di chiacchiere e fandonie, ma due cose sono certe e vanno considerate: in Italia ce ne sono molti (alcuni ben sfruttati turisticamente in Sicilia) e in Abruzzo pure. Dunque, quelli segnalati in Valle Peligna presso l’Aterno, sicuramente non debbono impressionare più di tanto. Tutt’al più incuriosire e indurre le autorità a farne, caso mai, un richiamo turistico. Non diciamo come la Solfatara di Pozzuoli (magari…), ma qualcosa di simile.
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Purtroppo l’Abruzzo è sempre stato, ed è, una terra turisticamente depressa, senza idee, senza iniziative e senza capacità politiche e professionali nel settore della valorizzazione e della promozione. Speriamo in Maria Vittoria Brambilla, neoministra del turismo: che sia capace di dare un impulso elettrizzante alle nostre morte autorità?
E veniamo ai vulcanelli. E’ comprensibile che quelli segnalati in Valle Peligna proprio in coincidenza con gli eventi sismici, suscitino interrogativi e persino preoccupazione. Un collegamento con i terremoti c’è sicuramente: infatti, i vulcanelli si manifestano sulla superficie terrestre attraverso fratture profonde del sottosuolo. Ma la loro presenza, trascorso il periodo di paura sismica (dovrà pur finire o no?), non dice nulla di particolarmente rilevante. Infatti, con buona pace di chi pretende di informare e magari anche di suscitare sensazioni, di vulcanelli in Abruzzo ne esistono da sempre e sono studiati almeno dall’800. Studiosi e scienziati se ne sono accorti quasi 150 anni fa, politici e amministratori mai: complimenti.
I vulcanelli noti in Abruzzo sono tutti i provincia di Teramo, a Torano Nuovo, Cellino Attanasio, Pineto e Atri. Quello di Pineto (lungo la strada per Atri, facile raggiungerlo, basta domandare) si chiama Cenerone.
Cosa sono? Si tratta di coni somiglianti come apparenza a piccoli vulcani alti un metro o due, che si elevano su aree spesso gonfiate, fratturate, spesso di colore grigio per via dell’argilla, fangose e pacatamente ribollenti. Dal foro (il cratere o i crateri di questi vulcanelli) gorgoglia fanghiglia grigiastra. I contadini ne sanno qualcosa e odiano queste curiose formazioni.
Come funzionano? Per farla breve, dal sottosuolo profondo risalgono in superficie (pressione idrostatica e differenti densità) fluidi e liquidi, per lo più acqua più o meno salata: terra e argilla diventano fango e fuoriescono invadendo i terreni, tanto da doversi spesso creare dei canali di deflusso. Le acque di questo tipo spesso sono “fossili” ovvero antichissime, accompagnate da miscele gassose, ma soprattutto (in Abruzzo) da gas elio. Tutto proverrebbe da strutture ipogee profonde, una sorta di architettura geologica costiera unitaria che va dal Conero a Montesilvano. Perchè acqua e gas possano sprigionarsi dal sottosuolo, occorrono dei varchi, delle fratture, delle faglie vere e proprie. Nel Teramano ci sono da sempre, in Valle Peligna (ed ecco il collegamento con i sismi recenti) si sono formate nelle ultime settimane. Abbiamo un’attrazione in più da mostrare ai turisti: utilizziamola, sfruttiamola, organizziamola. (G.Col.)


10 Maggio 2009

Categoria : Scienze
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