La Crusca? Chiudiamola, a che serve?
L’Aquila – Da Franco Taccia riceviamo: “E’ di ieri un appello degli accademici della Crusca, una richiesta, ma soprattutto un allarme per la cultura italiana. Tullio De Mauro, Domenico De Robertis, Giulio Lepschy, Angelo Stella e via via tutti gli altri linguisti e studiosi dell’Accademia lanciano un grido preoccupato e chiedono una legge per quell’istituzione a cui è affidato un ruolo fondamentale nelle ricerche, nello studio e nella tutela della lingua italiana e che invece viene costantemente lasciato nell’incertezza finanziaria.”
Cosa aggiungere?
In questa nostra Italietta, nella quale la parola cultura viene ascoltata con fastidio, spesso confusa con coltura, dal suono molto simile ma dal significato profondamente diverso ed alla quale, armati di zappa, si dovrebbero dedicare molti dei politici del paese, non si trovano 400.000 euro per i sei dipendenti ed i quindici collaboratori (gli Accademici prestano collaborazione gratuita) che garantiscono il funzionamento di un’Istituzione prestigiosa che risale al 1570.
Il governo nel 2009 ha erogato all’Accademia 190.000 euro.
In un paese normale qualcuno dovrebbe vergognarsi per questa situazione.
Ma siamo un paese normale?”.
(Ndr) – Assolutamente no. E’ semplicemente un paese in cui l’ignoranza dilaga, caro Taccia, visto che siamo gli ultimi in Occidente per lettura di libri, tanto per dirne una, e uno dei pochi paesi in cui a scuola non si studiano più una serie di materie co9me la geografia (scomparsa del tutto), la storia (paginette a memoria prima dell’interrogazione concordata), la fisica. Tant’è vero che alla maturità pochi hanno scelto la pur bella traccia sulla vita aliena: per loro sarebbe stato difficile scrivere qualcosa distinguendo una stella da un pianeta… La Crusca? Chiudiamola. E a tempi migliori, se mai ce ne saranno.
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