Roma 7 – Stanchi a casa, ma il 6 si ripete – Intanto gli sfollati non sanno cosa fare


L’Aquila – (di G.Col.) – 600 come dice il Comune, oppure 700, o mille, non ha importanza: tanti comunque gli aquilani e i “crateristi” presenti oggi a Roma per urlare al Governo e al Senato della Repubblica la disperazione, ma anche la estrema decisione di tutti. O si ottiene un risultato, o si continua ad oltranza. Lo stato di agitazione, infatti, come ha detto il consiglio comunale esule in piazza Navona, a Roma, è permanente. E potrebbe portare anche a situazioni che le istituzioni e la politica potrebbero non controllare più. Con conseguenze che nessuno può prevedere in modo realistico e veritiero.
Stasera (ore 19,55) tutti sono tornati, o stanno rientrando, a casa a L’Aquila e negli altri centri coinvolti. Stanchi, ma non arresi, anche se il presidente del Senato Schifani – come stasera è stato confermato, e al contrario di quanto si dava per scontato questa mattina – non ha ricevuto la delegazione abruzzese. Eppure, era una delegazione di rango e di peso, con amministratori locali, ma anche persone come Franco Marini e altri deputati. Marini è stato, a sua volta, presidente del Senato. In Senato non c’era nessuno, o non c’era tempo per sentire gli abruzzesi. Oppure, purtroppo, non c’era voglia di farlo. Certamente un brutto atteggiamento, perchè non si trattava di elemosinanti o di demagoghi in cerca di riflettori, ma dei rappresentanti di una popolazIone che ha subito un disastro senza eguali nella storia moderna, con morti, distruzioni, devastazioni sociali ed economiche, ferite purulente e strazianti. Case e tetti, infatti, non bastano. E comunque non sono per tutti, se è vero che almeno 3.000 persone il 1 luglio dovrebbero lasciare gli alberghi o pagarseli di tasca loro: un altro incubo per tanta gente. Il benfatto nessuno lo nega, ma ora è tempo di ricostruire e non c’è un euro disponibile, come ha gridato il sindaco Cialente.
Invece niente, neppure un confronto.
Se sulle vetrate oscurate del palazzo della Rai, in via Mazzini, sono arrivate pomodorate e altri imbrattanti ma innocenti lanci di ortaggi, per lo più indirizzati a quel Minzolini definito Menzognini, direttore del Tg1 omissivo e lacunoso su L’Aquila e la sua protesta, sugli altri palazzi romani potrebbe arrivare di tutto il 6 luglio, quando L’Aquila sarà ancora a Roma, presumibilmente con migliaia di persone sempre più disperate e deluse. Un’altra manifestazione è già in preparazione. “Non molliamo” dicono i comitati. “Ci saremo e ci sentiranno”.
La partita non è più del cuore. Potrebbe essere della disperazione, e in tal caso, Roma vivrebbe una giornata indimenticabile anche per la capitale abituata a vederne di tutti i colori. Possibile che la politica non avverta che tutto volge al peggio? Possibile che non si comprendano le ragioni di una città e di un territorio che non vogliono morire, non ne vogliono sapere di soccombere? Se ce n’era bisogno, i nostri politici di vertice stanno dando un’ennesima prova della loro astrusa distanza dalle ragioni della gente. Sono sulla scrimolo del crepaccio, se mancano di un minimo di sensibilità nei confronti di quel popolo che è sovrano, che lo voglia oppure no il potere. Il popolo è sovrano per sua natura, e non ha bisogno di consensi e conferme. Se lo fanno incazzare, le cose se le prende ed è il caos. Che, forse, non è il male peggiore, se tutto il resto è perduto. E sicuramente se ci sarà, sarà una colpa pesante su chi guida il paese. Bush ha perso lo scettro del paese più importante del mondo “anche” per aver agito come un imbranato di fronte al disastro dell’uragano nel Deep South USA, i cui segni ci sono ancora, per esempio a New Orleans.


24 Giugno 2010

Categoria : Cronaca
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