L’opinione: ricostruzione e autonomia
Chieti – (dell’avv. Isidoro Malandra, associazione “oltreAbruzzi”) – Chiodi e Cialente dicono no al caos delle ordinanze di Bertolaso e chiedono una legge statale che porti ordine. Mi permetto di dissentire sull’analisi del male e sulla soluzione proposta. Le dimissioni dell’assessore comunale Masciocco e i ripetuti interventi giornalistici di Giustino Parisse segnalano l’esistenza di un rapporto viziato, per molti versi illegittimo, tra governo nazionale e governo locale. Certo c’è bisogno di una legge nazionale che reimposti la materia della ricostruzione e, ad esempio, preveda la creazione dei famosi consorzi; ma c’è bisogno ancor di più che la Regione Abruzzo riacquisti la dignità ed il ruolo istituzionale che le competono. Molti lamentano la mancanza di fondi destinati alla ricostruzione e chiedono uguale trattamento rispetto ai più recenti sismi che hanno colpito il Friuli, l’Umbria e le Marche. Più volte ho indicato nelle diverse procedure seguite la causa dell’attuale situazione di agonia sociale e civile del territorio aquilano. Non mi interessa in questa sede tornare sui motivi che hanno indotto il Governo ad introdurre una forma di governatorato in Abruzzo. Mi interessa invece sottolineare le conseguenze che la mancanza di ruolo e di autonomia della Regione Abruzzo sta producendo. Il decreto legge per l’Umbria prevedeva che “per la programmazione degli interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori interessati dalla crisi sismica il Governo e le Regioni utilizzano l’intesa istituzionale di programma…a tal fine le regioni predispongono, secondo criteri omogenei, il quadro complessivo dei danni e del relativo fabbisogno”. Dunque, sulla base della stima del fabbisogno, da loro stesse effettuata, le regioni Umbria e Marche hanno contrattato col governo nazionale, attraverso l’intesa istituzionale di programma, le risorse da destinare alla ricostruzione e loro stesse hanno provveduto a gestirle attraverso autonoma legislazione che aveva ad oggetto la materia disciplinata in Abruzzo con la vituperata raffica di ordinanze. Da qui bisogna ripartire se si vuole evitare la morte definitiva della città dell’Aquila e dei territori circostanti. Bisogna sottrarsi al giogo del governo nazionale che ha sbagliato pesantemente anche nella gestione dell’emergenza. In Umbria la riattazione delle abitazioni leggermente danneggiate era parte della gestione emergenziale. A due giorni dal sisma il Ministro dell’Interno, allora competente per la Protezione Civile, emanava ordinanza con cui concedeva contributo di 40 milioni di lire, erogato dal Presidente di Regione ed immediatamente disponibile, per “consentire un rapido rientro nelle abitazioni principali”. Il decreto legge per l’Abruzzo punta invece decisamente sul progetto C.A.S.E. ed il contributo di 10.000 euro per la riparazione dei danni di lieve entità serve “a mantenere i livelli di residenzialità” e soprattutto a “ridurre gli oneri” derivanti dallo stesso progetto C.A.S.E.. Naturalmente le procedure per richiedere e concedere i 10.000 euro vengono stabiliti con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri; ordinanza che interviene il 6 giugno 2009, a due mesi dal sisma, e prevede non la concessione del contributo in favore del proprietario ma il pagamento dietro fattura alla ditta appaltatrice. E l’erogazione dei fondi è disposta da Bertolaso, con ulteriore aggravio di tempi e di passaggi burocratici. Ma parliamo delle attività produttive senza le quali un territorio è destinato a soccombere. Il decreto legge per l’Abruzzo prevede indennizzi a favore delle attività produttive da riscuotere attraverso meccanismi infernali e tempi lunghissimi. Per l’Umbria la citata ordinanza intervenuta a due giorni dal sisma, al fine di “favorire l’immediata ripresa delle attività produttive”, quale anticipazione su eventuali future provvidenze e sulla base di autocertificazione, prevedeva l’erogazione di un contributo immediato non superiore al 30% del danno e comunque non superiore a 300 milioni di lire. Racconta l’attuale Presidente di Sezione del Tar di Pescara, Dott. Umberto Zuballi, che quando ci fu il sisma in Friuli lui era un giovane funzionario regionale. Quando chiese di poter partecipare ai lavori di scavo tra le macerie il Presidente della Regione Friuli lo invitò a mettersi immediatamente al lavoro per istruire le leggi regionali di cui ci sarebbe stato bisogno. Oggi la Regione Abruzzo può contare sull’ottimo lavoro fatto dal Friuli, dalle Marche e dall’Umbria (la quale ha approntato a suo tempo un dettagliato ed efficace regolamento esecutivo) e non c’è che da calibrarlo sulle specifiche necessità del terremoto abruzzese. Se in Regione non c’è personale preparato per fare un simile lavoro ci si rivolga all’esterno. E se Chiodi il vassallo non è in grado di rivendicare fondi e autonomia deve essere il Consiglio Regionale ad assumere l’iniziativa in tempi brevissimi.
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