Premiosinestesie, una mostra per esorcizzare
L’Aquila- Pubblichiamo una nota di Alessia Moretti sulla terza edizione della Mostra “Premiosinestesie”, attualmente in esposizione all’Aquila fino al 3 luglio presso il Conservatorio musicale “Alfredo Casella”. Un’iniziativa artistica per esorcizzare, attraverso la sensorialità, i postumi del terribile dramma che ha ferito la città nel 2009.
“Poter visitare all’Aquila una mostra d’arte in un momento così complesso come quello attuale è sicuramente un’occasione da non trascurare. Per questo va segnalato il lavoro svolto dall’associazione fuoriscala, che ha promosso e organizzato la terza edizione del Premiosinestesie.
Proprio grazie a questa iniziativa, dal 12 giugno fino al 3 luglio 2010, presso la nuova sede del Conservatorio di Musica “Alfredo Casella” dell’Aquila (via Francesco Savini), è possibile visitare, con ingresso gratuito, un allestimento che propone 52 opere sul tema del “senso sospeso”. La selezione delle opere è avvenuta in base alla capacità di favorire la riflessione su come, anche attraverso la nostra sensorialità – gusto, olfatto, vista, tatto, udito – sia stato possibile elaborare l’evento che dal 6 aprile 2009 ha sconvolto moltissime vite. Le interpretazioni di artisti aquilani, abruzzesi e di tutta Italia ci permettono così di passare in rassegna e di vedere concretizzate le varie “percezioni” dell’evento terremoto – inteso non solo come momento della “scossa”, ma anche nei suoi effetti successivi – grazie ad opere pittoriche, ad istallazioni multimediali, alla scultura, all’audiovisivo, alla fotografia. Un percorso affascinante, talvolta doloroso, ma ricco di spunti di riflessione.
Un’attenzione particolare meritano poi le cinque opere di quegli artisti che hanno ottenuto il riconoscimento della giuria del Premiosinestesie. Per la sezione pittura Fiorella Bologna, con l’opera MAMMAA! , ha voluto raffigurare la paura nell’immagine più classica di un bambino, delineato in nero su campo bianco, sorpreso da un lupo di colore rosso. Dal quadro avvertiamo quasi l’urlo che sembra emettere e si perde nel caos degli oggetti quotidiani, intorno alla sua immagine, rinviandoci un senso di terrore trasmesso da ciò che prima consideravamo familiare.
“Dino nel ferro” di Noemi Caserta ha vinto la sezione scultura, ricavando da un calco umano, poi lavorato in positivo, in piombo, cera e ferro, un busto deformato forse dal dolore o dalla brutalità di una violenta lotta contro la terra impazzita. Sempre per la sezione scultura, un riconoscimento speciale è andato all’opera di Franco Bastianelli di Laurana con l’opera L’AQUILA, in cui il rame sbalzato e ritagliato, insieme ai mattoni intrappolano due figure umane, una intenta a soccorrere l’altra, in un caos disperato, in cui sembra percepire l’odore acre e l’angoscia del momento della scossa.
L’opera THE HEAD di Federica Ubertone è invece la più rappresentativa della sezione video. Si tratta di un cortometraggio realizzato con la tecnica della stop-motion (oggetti e personaggi in plastilina e altri materiali vengono animati grazie ad una particolare modalità di ripresa con la telecamera, definita “a passo uno”). Anche qui abbiamo, al centro della narrazione, un uomo e il suo essere “sorpreso” e stravolto in ogni sua normale percezione da un evento incomprensibile, finché l’ordine non venga faticosamente ristabilito.
Infine Stefano Marzoli ha realizzato, per la sezione fotografia, un reportage in bianco e nero, dal titolo “Il cielo sopra Luky Luciano”, in cui si “pedina” una delle migliaia di vite di coloro che hanno trascorso, dall’aprile 2009, interi mesi nei campi allestiti con le tende che, un giorno dopo l’altro, sono state umanizzate, per farle assomigliare a un luogo familiare, una casa, con i segni del proprio passaggio, ma anche di quello delle persone che hanno condiviso il faticoso e incerto momento di “transizione” verso una nuova abitazione. Una delle motivazioni, oltre alla necessità, di un gesto così apparentemente folle, ce lo spiega proprio il protagonista delle fotografie che dice: ”Per questi otto mesi, 243 giorni, ho vissuto in una tenda, scegliendo di sopportare le difficoltà di questa condizione pur di continuare a sperare che tutto vada per il meglio. Qui. Da nessun’altra parte, se non qui”.
Ovviamente all’Aquila.”
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