Masciocco: “Solitudine, silenzi, recinti, massacri, disinformazione studiata al tavolino”
L’Aquila – Come abbiamo anticipato questo pomeriggio, l’assessore Giustino Masciocco si è dimesso, e le sue sono dimissioni irrevocabili. Il perchè lo spiega egli stesso in una lettera al sindaco, aol segretario del Comune, ai consiglieri e ai colleghi assessori. Eccola: “Onorevole Sindaco, sono trascorsi sei mesi dalla nomina ad assessore. Ricorderà sicuramente le mie perplessità nell’accettarla, ma affrontai la sfida con spirito di servizio per la mia città, rinunciando nel contempo alla carica di Consigliere Comunale.
Ho iniziato così un percorso difficile, fronteggiando immediatamente la delicata problematica relativa alle prime assegnazioni dei MAP nel nostro Comune, ed individuando delle direttrici di azione nel settore sociale, nell’handicap e nel diritto allo studio.
Sono stati mesi drammatici, come immaginabile per le gravi difficoltà, e di profonda solitudine. Mai una volta gli assessori hanno potuto illustrare il lavoro svolto in specifiche sedute di Giunta, né sono riusciti a mettere pienamente a servizio di tutti l’impegno e l’attività svolta. Anziché coordinarci per poter meglio rispondere alle urgenze della Città, siamo stati risucchiati in discussioni estenuanti a causa delle fumose e lacunose norme di emergenza che attualmente regolano l’attività della nostra Amministrazione.
La Città è stata chiusa in un recinto blindato all’interno del quale tutti noi Cittadini, amministratori, politici, ci massacriamo sulla strategia da adottare per contrastare lo strapotere, avallato dal Presidente Chiodi, del Governo sul nostro territorio, ma non abbiamo la forza e la possibilità di unirci per abbattere lo steccato che ci divide dalla verità, dalla conoscenza e dalla trasparenza. Mancano i luoghi, i metodi ed il confronto.
Siamo ostaggio di un Governo che non ha il coraggio di affrontare con sincerità e senza faziosità la nostra situazione, prendendosi, sì, i giusti meriti per quello che è stato fatto, ma con l’obbligo di riconoscere le difficoltà che ci sono sulla via della ricostruzione e sull’emergenza abitativa.
Sicuramente la Sua situazione risulta essere oggettivamente estenuante, basti pensare solo per un momento alle enormi responsabilità che le sono cadute sulle spalle quella maledetta notte del 6 aprile. Decidere da solo, sotto l’enorme pressione della circostanza, quello che era giusto o quello che era sbagliato. Quelle decisioni Lei le ha prese da Sindaco, le ha prese nell’interesse di tutti.
Oggi, oltre ad essere il primo cittadino, è anche Vice Commissario Governativo per la Ricostruzione, due ruoli che per forza di cose entrano troppo spesso in conflitto. È necessario scegliere, è necessario stare da una parte sola per combattere con tutte le forze a propria disposizione.
La Città subisce giornalmente una violenza, sia essa amministrativa, politica, contabile, finanziaria. Per coprire i torti e le mancanze fatte a questo territorio, di fronte all’opinione pubblica nazionale, siamo spesso rappresentati come una massa di ingrati o di “menti fragili” e rancorose. Non meritiamo questo. Né vogliamo che si nasconda dietro alle difficoltà della crisi economica mondiale la discriminazione che subiamo rispetto al trattamento di altri terremotati. Lei Sindaco ha il dovere di impedire in maniera più energica che tutto ciò avvenga. Vogliamo essere percepiti per quello che siamo, una Città ferita che cerca con dignità e sacrificio di rimettersi in cammino.
Le giuste rivendicazioni dei nostri concittadini disorientati in una selva di ordinanze, decreti, disposizioni e avvisi estemporanei, ci fanno capire che permane una fascia di popolazione che dovrebbe essere assistita con altri mezzi, risorse finanziarie ed ulteriori alloggi mai realizzati. Perché dovremmo ancora renderci complici di questo Governo, fungendo da cuscino ammortizzatore del disagio e della rabbia, cercando di mediare, alimentando speranze difficili da sostenere? Perché dovremmo spiegare alla nostra popolazione la necessità di fare ancora sacrifici? Il Governo non merita questo nostro appoggio.
I cittadini non trovando in Berlusconi, Letta, Tremonti degli interlocutori affidabili, rivolgono la loro protesta all’Amministrazione Comunale, in generale, che non ha i poteri per affrontare le questioni irrisolte.
Queste sono ambiguità di fondo che depistano sulle reali responsabilità e che vanno risolte. Non per la ricerca dei colpevoli, ma per trovare le soluzioni percorribili.
La ricostruzione è sottoposta a criteri approvati da ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Commissario Chiodi, che si avvale della Struttura Tecnica di Missione presieduta dall’architetto Fontana. La Giunta Comunale dell’Aquila non ha mai potuto visionare preventivamente alcun documento per proporre eventuali modifiche. Subiamo anche in questo caso una prevaricazione continua che la legge permette. Sembra che ci sia una grande confusione, ma chi ha già disegnato la ricostruzione della città è il solo in grado di avere una visione nitida. Mi sembra giusto che questo percorso venga partecipato a chi poi nella Città dovrebbe tornare a viverci.
Se non si svolge un lavoro d’informazione capillare riguardo il come ed il quando inizi la vera programmazione per la ricostruzione, se non si chiarisce chi siano i veri attori e dove vengano prese le decisioni, si resta in un cono d’ombra, prigionieri di una disinformazione studiata a tavolino che lascia la Città abbandonata alle sue macerie, mentre i veri protagonisti hanno già in mano i tempi ed i modi degli interventi.
Mi auguro che lei sia al di fuori di tutto questo.
Quel poco poi che nel Settore Sociale è stato fatto, è stato solo grazie all’abnegazione di alcuni dipendenti comunali; la possibilità che si riesca a ricostruire un nuovo tessuto sociale è legata ad una flebile speranza che il Nuovo Piano Regolatore del Sociale possa finalmente partire con il contributo di tutti gli attori del terzo e quarto settore della società.
Da soli non si va da nessuna parte a meno che non ci si voglia ritagliare un ruolo (piccolo) che permetta una sopravvivenza (politica).
In queste condizioni nessun impegno è reso “credibile” nell’attività amministrativa. Il lavoro di tutti i giorni è mortificato da un’impotenza oggettiva.
Non permetto che il tormento e la frustrazione che ne derivano, mi portino un domani ad una passiva e conformista rassegnazione come è successo a troppi. Sarei connivente con un Governo, ed i suoi sodali, che presto prenderanno per fame il nostro territorio.
È per tutti questi motivi che, dopo una lunga riflessione, ho deciso di dimettermi.
Comunico ufficialmente quindi a Lei ed al Segretario Generale le mie dimissioni irrevocabili con effetto immediato da Assessore del Comune dell’Aquila”.
(Ndr) – Quello firmato da Masciocco è un documento duro, coraggioso. Una testimonianza di tutto quanto la stampa, o almeno una parte, va sottolineando da mesi. O si cambia registro, o per L’Aquila è finita: e non si possono dare le colpe tutte al terremoto, visto che oltre 3 secoli fa ve ne fu uno precedente, certo non meno devastante, ma L’Aquila risorse. Francamente, oggi è arduo credere che abbia la stessa forza, gli stessi uomini di valore, lo stesso peso sulla collettività che ebbe 307 anni fa. L’unica assonanza con quel tempo tragico è il numero 308, solo uno di più dei 307 anni trascorsi, che indica però i nostri morti. Masciocco ha avuto il coraggio di dimettersi.
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