“Monsignore, obiettivi comuni”


L’Aquila – (di Anna Lucia Bonanni) – Monsignor D’Ercole, la ringrazio anch’io per la cortesia della sua risposta, che tuttavia mi lascia del tutto insoddisfatta. Al di là della manifestata disponibilità all’autocritica e al dialogo, di fatto lei non risponde alle due questioni di fondo che io ponevo: la prima, perché la Chiesa si presta a coprire operazioni di mistificazione in cui i potenti tentano di rifarsi una faccia; la seconda, sull’apertura “straordinaria” della Porta Santa. Su quest’ultima, lei risponde che essendo la Basilica di proprietà del comune, la porta è stata aperta a Letta e Bertolaso per motivi di sicurezza. Dunque, nella circostanza la porta santa figurava come una porta qualsiasi, salvo dimostrare quale fosse il pericolo per l’ordine pubblico (il rapporto tra manifestanti e forze dell’ordine era almeno uno a tre!)
Quanto al passare attraverso la porta santa tutti insieme il 28 agosto, le chiedo: chi non lo farà, come me, perché non crede nella Chiesa o perché magari, pur credente, è deluso e forse scandalizzato dall’uso disinvolto che se ne fa (e questo è quanto ho raccolto tra i credenti che conosco), sarà considerato nemico della pace, della riconciliazione e del dialogo? Non si può essere amanti della pace e della concordia, ma perseguirle coi fatti quotidiani e non con questa ritualità?
Chi non si riconosce in quello che lei propone è un reprobo, un nemico, un escluso?
Lei usa, nemmeno troppo velatamente, le argomentazioni tipicamente usate per screditare chi dissente o critica: sostenendo che il dissenso deriva da eccessiva emotività (che sembra la versione attenuata della “fragilità di mente”). E richiamando alla concordia. Anche questa è una vecchia storia: chiunque dica qualcosa di scomodo, è considerato pericoloso per l’unità e la concordia. Nel corso della storia abbiamo avuto tanti esempi di questo atteggiamento: l’etichetta dei contestatori in epoca fascista era quella di antinazionali (termine poi ripreso da certa destra che parlava di anti italiani).
Dunque, in nome della concordia dovremmo accettare speculazioni mediatiche, come quella dell’altro giorno a Collemaggio, in cui i potenti vengono a rifarsi un’immagine; ricatti, come quelli che si concretizzano nella ipotesi che la città torni a pagare e restituisca subito le tasse sospese, o ancora quello di non mandare più la Protezione civile a L’Aquila; o addirittura le offese, rivolte persino ai parenti delle vittime del terremoto dal Presidente del consiglio?
Quanto alla “violenza gridata” di cui lei parla, nessuno di noi né l’altro giorno, né in altre occasioni ha mai messo in atto alcun tipo di violenza. E quando a volte alziamo la voce è perché nessuno ci ascolta.
Se L’Aquila è paralizzata, come dice lei, questo dipende soltanto dalla mancanza di certezze sui fondi, sulle norme e sui tempi per la ricostruzione. Non dipende certo dalla presunta litigiosità del popolo aquilano, che invece mi appare fin troppo mite e dignitoso per tutto quello che ha subito.
Non vorrei che il senso della sua frase: “L’Aquila corre il rischio di essere paralizzata dalle tensioni, rallentando la ricostruzione e dando l’immagine di un popolo litigioso con la conseguenza di essere abbandonato da tutti” fosse quello indicato dal prof. Antonello Ciccozzi , cioè: “fate i bravi, altrimenti sarete puniti”.
Io non accetto di sottostare a ricatti e timori. E trovo ingiusto dover pietire ciò che non è un favore o una concessione, ma un normale trattamento che uno Stato che voglia dirsi civile riserva ai suoi cittadini, cioè il soccorso e l’aiuto nei momenti di difficoltà.
Quanto alla presunta acredine (da parte di chi?) nei confronti della Chiesa aquilana, io personalmente non nutro affatto questo sentimento; trovo però giusto criticare anche con forza questa chiesa quando accusa i cittadini onesti di essere strumentalizzati o di perseguire chissà quali inconfessabili interessi (come disse Molinari a proposito delle carriole), dubbio che invece non ho mai sentito esprimere su chi è concretamente sospettato – e magari pure indagato – per la gestione disonesta degli appalti, per esempio.
Trovo giusto criticare la chiesa quando non accetta di dover rendere conto di come usa le risorse donate dagli italiani per i terremotati; trovo giusto criticarla quando tende a occupare ogni spazio di socialità, grazie al peso della sua forza economica (vedremo cosa accadrà in proposito nei progetti C.A.S.E.).
Non sono soddisfatta della sua risposta, ma non per questo ho preclusioni al dialogo. Siccome sono convinta che il bene della città non lo si faccia a suon di slogan sulla concordia, ma condividendo idee e progetti comuni, nel nome di comuni valori, confido sempre nella possibilità di poter condividere giuste iniziative per la nostra città.
La prossima di queste iniziative, come saprà bene, è la manifestazione cittadina del 16 giugno per chiedere al governo nazionale un giusto trattamento in materia fiscale ed economica che aiuti la città a risollevarsi: spero vorrà dare la sua adesione e che questo possa essere un grande momento di unità per un obiettivo condiviso, al di là di appartenenze e sensibilità diverse.


14 Giugno 2010

Categoria : Dai Lettori
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