Chi può vivere in queste condizioni?
L’Aquila – La città è totalmente abbandonata ai rifiuti, alla sporcizia dell’ambiente esterno (in centro come in periferia), che l’estate accentua e mette in vista con la sua rigogliosità divorante. Bella nella natura, desolante in un ambiente urbano, specie tra le rovine, le recinzioni ormai spesso abbattute, arrugginite, sporche dalla parte che racchiudono tagliando fuori la vita. Mai a memoria di aquilano le cose sono andate molto bene, mai c’è stata una vera cura non dell’arredo, sarebbe chiedere troppo, ma della semplice, normale decenza. E’ questo che fa dire a qualsiasi aquilano, oggi certamente più di ieri, frasi come “dovunque vai, dovunque ti trovi anche per caso, l’ambiente e le città grandi e piccole sono un’altra cosa rispetto a L’Aquila. Povera L’Aquila…”. Parchi, giardini, aiole, spartitraffico agli incroci, marciapiedi, bordi rilevati, illuminazione: tutto uno sfacelo senza la minima attenzione a ciò che si potrebbe fare con pochissimo impegno. Pensate al bivio detto Quaianni, che tutti coloro che arrivano in autostrada debbono percorrere: vecchi semafori a pezzi, aiole selvagge, cartelli e segnali stradali storti o malfermi, lo spartitraffico tra la 17 e la 80 di fronte alla caserma sbrecciato, scortecciato, sporco, sconnesso. Non dal terremoto: da molto prima. Eppure, quel posto di transito obbligato dovrebbe essere un angolo di pulizia, con fiori, aiole, segnali chiari e puliti. Un ben arrivato per tutti. E’ invece il simbolo della città che respinge, comunica sciatteria e sembra uno scorcio di Reggio Calabria negli anni Sessanta. L’immagine che pubblichiamo, scattata il 12 giugno a mezzogiorno, la dice tutta: siamo nel quartiere Banca d’Italia, dove sindaco e banca hanno preteso in maniera quasi brutale e sorda a qualsiasi buona ragione, che qualche decina di famiglie tornassero ad abitare. Tra macerie, edifici pericolanti, una congerie di strutture E ed F che incombono, tunnel di legno, staccionate e cancellate di ferro, poca luce di notte, strade bloccate da ogni parte e montagne di immondizia. Dicano coloro che qui pensano e prendono decisioni: chi può ragionevolmente vivere in questa condizione? Non sarà difficile capire chi, cedendo al peggio, finirà con andar via, lasciando L’Aquila tra rovine e incuria uguale ad un secondo terremoto. Quello dell’ordinario, del quotidiano, del vivere collettivo in situazioni che siano quanto meno accettabili. Qui è immondizia continua. Il tramonto del vivere civile.
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