“Mai niente di più bello dell’Aquilone”, quindi niente borgo commerciale Piazza d’Armi
L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – Per carità, benemerito fu il centro commerciale l’Aquilone dal 6 aprile 2009 in avanti. Chi lo nega? Ma non per questo dovrà prevalere la regola (sospetta) che più o meno dice: mai nulla di più bello dell’Aquilone, in questa città. Non si muoverà foglia, che l’Aquilone superi o insidi nel commercio del comprensorio. Una regola dettata da potenti di varie carature, da vip dietro le quinte, da burattinai che condividono interessi e tornaconti. Chi lo dice?
Tanti, nel mondo del commercio. Anonimi, ma documentati e portatori di fatti. Un fatto è che non vi è stata iniziativa commerciale successiva all’Aquilone. Altri marchi, per quanto potenti, non l’hanno spuntata e sono ancora lì a trattare, a confabulare, a digrignare i denti. Niente Coop, niente Sercom a Sassa, niente centro commerciale a Onna, niente dopo San Gregorio sulla 17. Solo l’Aquilone e i suoi satelliti, e accanto il Globo, che però è un’altra cosa e non getta ombre o concorrenze temibili.
L’Aquila resta una città con un solo iper, e chi vuole di più, continui ad andare a Chieti Scalo o a Colonnella o a Porto d’Ascoli, oppure a Roma.
In tutto ciò deve esserci una spiegazione, e c’è. Abbiamo parlato con dei commercianti, alcuni dei quali di quel ristretto gruppo di ottimi negozi, una volta centrali: prestigiosi, roba che venivano anche da fuori per bazzicarli. Diverse categorie merceologiche. I negozi che davano un tono e un profilo elegante a L’Aquila, per tutto il resto sciatta, sporca, maltenuta, buia, trasandata come un borgo libico negli anni settanta.
L’idea era convocare chi queste cose le capisce e le fa (pensate all’outlet di Città S.Angelo, un borgo commerciale bellissimo), reperire risorse, e progettare un borgo commerciale in piazza d’Armi. Farne un nuovo centro cittadino , magari anche somigliante al vecchio, le stesse architetture, i quattro cantoni, piazza Palazzo… edifici dall’aspetto esteriore aggraziato, colto, adeguato all’ambiente e alla storia cittadina. Dentro, tutto un altro discorso e negozi, tanti negozi, tutti quelli che erano in centro e anche di più. Tutto pulito, stradine, panchine, verde, arredo, luci, locali, verde: quello che il centro dell’Aquila avrebbe dovuto essere, e non fu mai. Vigilanza, niente auto, e a sera battenti chiusi per tenere lontani ladri, vandali, ubriaconi, imbrattatori e iatture del genere. Insomma, come Città S.Angelo.
Invece, a piazza d’armi c’è una chiesa orribile, impianti sportivi finiti in rottami, mucchi8 di macerie, rifiuti annosi e la Finanza. Per ottenervi un accesso (finora a parole) gli ambulanti hanno atteso 13 mesi. E ancora aspetteranno. L’Aquila masochista si fa interpretare dalla burocrazia e dall’indolenza (disinteressata?) del Comune.
L’idea avrebbe dovuto zampillare in testa ai politici, agli amministratori, che avrebbero potuto giovarsi dei consigli di qualche commerciante più lungimirante. Invece, non c’è mai stata iniziativa, progettualità; mai un confronto, mai un faccia a faccia con i commercianti che avrebbero potuto aderire. “Al commercio – dice un commerciante che ha rinunciato a L’Aquila – in verità non ha pensato mai nessuno. E poi parlano di rinascita…”. Qualche città ha la fortuna di possedere un’area come piazza d’Armi, e non sa cosa farsene? Ecco perché siamo sud profondo e votato al regresso. Non è che manchino i soldi, mancano le idee, le iniziative. Perché “niente deve essere più bello dell’Aquilone”. Capito il senso? Il terremoto non ha cambiato nulla, le teste sono le stesse, il non-fare come regola sovrana è indifferente a centinaia di commercianti e artigiani che inevitabilmente andranno via. O aspetteranno la sparizione del concorrente per lucrare di più. Divide et impera. Ma mai nessuno sarà più bello dell’Aquilone, ricordate. Così sia.
(Nelle foto l’Aquilone, e il centro commerciale Sercom di Sassa, abbandonato da anni)
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