L’Aquila, anno 2032
L’Aquila – (di Ugo Centi, Controaliseo) – I due ex-ragazzi imboccarono il vicolo. “Guarda, guarda dove abitavamo noi!” “Toh, leggi quel cartello, che dice?”: Se vuoi provare il brivido di passare la notte in una casa del ’700 che ha resistito al terremoto… euro…. “Resistito un acca! Ma se noi scappammo per un pelo quella notte del 6 aprile di trent’anni fa!” “Chi siete? disse il vecchietto sbucato da una porticina rifatta in stile nella facciata falso-architettonico. “Ma voi… voi… voi non siete gli studenti di prima… di prima… del terremoto?” E quelli di rimando: “E lei non è il signor… il nostro padrone di casa?” Nemmeno il tempo dei ricordi e il vecchiarello partì in automatico col racconto.”Si, si, sono io – Dio come siete invecchiati pure voi… Io dopo quella notte di trent’anni fa non più vi vidi. Del resto mi misero in una tenda per tanti mesi. Poi mi diedero una palafitta. Io volevo ritornare qui. Ricordate, avevo quelle due case affittate. Non ci fu niente da fare. Il centro fu messo in sonno, di rosso transennato. Alla fine capìì che non sarei più rientrato e cedetti alle lusinghe di certi Signori ben vestiti con le tasche piene. Mi diedero una miseria. Ci comperai appena questo mini-mini appartamento che quei brav’uomini hanno avuto la bontà di lasciarmi una volta ricostruito il tutto per il comodo dei turisti danarosi. Hanno fatto un affare col terremoto, mentre io non ho più niente…” e piangendo si rintanò nel chiuso di una città che non era più la sua. “Ma da dove sarà saltato fuori”, dissero gli ex-ragazzi. Che però cominciarono a pensare: “e se fosse andata proprio così in questa (ex)città ”?
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