Belle parole, caro Procuratore, ma…


L’Aquila – Da Giulio Petrilli riceviamo: “Il Procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro oggi in una lunga intervista al Corriere della Sera, racconta del suo libro appena uscito “Ne valeva la pena” ,dove parla della sua lunga esperienza come Pubblico ministero in inchieste sul terrorismo, mafia e servizi segreti.
Fa considerazioni politiche e attacca sia il centro destra che il centro sinistra, quest’ultimo in particolare di arrendevolezza e incoerenza.
Indubbiamente una esperienza professionalmente importante la sua: pubblico ministero a processi sugli omicidi Alessandrini e Tobagi, sulle Br, sulla ndrangheta e mafia a Milano, sul sequestro dell’imam Abu Omar ad opera della Cia.
Armando Spataro un magistrato famoso che in questo libro analizza i problemi della magistratura e della giustizia: “il compito dei pm non è formulare ipotesi, specie in atti giudiziari, ma mettere a nudo la realtà con prove inconfutabili. E se ciò non è possibile il Pm si ferma, non è onnipotente, né può forzare la realtà processuale..”
Belle parole le sue, ma spesso non applicate anche da lui stesso che ebbi modo di conoscere dall’altra parte, come imputato in uno dei maxi processi contro Prima Linea che si tenne a Milano nei primi anni 80.
Su testimonianza vaga di un pentito, venni accusato di partecipazione a banda armata con funzioni organizzative, nel processo di primo grado la sua richiesta nei mie confronti fu quella di 11 anni di detenzione, la corte me ne inflisse 8.
Dopo quasi sei anni di carcere, la maggioranza dei quali trascorsi nei carceri speciali con il regime dell’art. 90, attuale 41 bis, venne celebrato il processo d’appello dove ci fu la mia assoluzione.
Sentenza di assoluzione confermata in cassazione il 25.7.89
Il mio è un caso come tanti altri, che dimostra che le dichiarazioni dei pentiti senza riscontro non possono essere una prova e che anche lui a volte si è sbagliato, ed ha commesso degli errori giudiziari.
Errori giudiziari che per chi li ha subiti, possono provocare uno stravolgimento della propria esistenza e poi nel mio caso anche l’impossibilità di accesso all’istituto de l’equa riparazione, in quanto la sentenza definitiva di assoluzione è antecedente di 3 mesi all’entrata in vigore della legge sulla riparazione”.


04 Giugno 2010

Categoria : Dai Lettori
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