Il Volto Santo di Manoppello
Le strade della fede conducono spesso lontano dai luoghi noti del nostro quotidiano, eppure l’Abruzzo custodisce posti dove la spiritualità e il sentimento religioso hanno nutrito gli animi di uomini straordinari e attraversato la storia lasciando segni profondi e la percezione di un Cielo un po’ più vicino.
Custodita nella Basilica del Volto Santo di Manoppello, si trova una reliquia preziosa della Cristianità: il Volto Santo, un velo sottile su cui è ritratta l’immagine di un viso d’uomo considerato quello di Gesù. Lineamenti gentili che incorniciano uno sguardo buono, indulgente e un’espressione stanca ma non vinta: guardare questa immagine rinfranca il cuore e ristora la mente; pensare che dopotutto Lui sia stato in mezzo a noi e che di quel passaggio qualcosa di tangibile è rimasto e rimane, non troppo lontano proprio dalle nostre vite, dalle nostre città: a Manoppello, nel cuore verde della regione Abruzzo.
Il velo
La reliquia giunse a Manoppello nel 1506, portata da uno sconosciuto di cui si ignora la provenienza e che sparì nel nulla dopo averla consegnata al fisico Giacomo Antonio Leonelli.
Una tela sottile dall’ordito semplice che misura 17 per 24 centimetri e che raffigura un volto di uomo visibile in modo identico da ambo i lati, con capelli lunghi e la barba non troppo lunga divisa in due sul mento con colori tenue sui toni del marrone e le labbra lievemente rosse, mentre una guancia sembra essere più gonfia dell’altra e gli occhi tendono ad andare verso un lato in alto e per questo mostrano un’ampia zone bianca.
Gli studi
Molti studi sono stati condotti sulla tela e, seconda una precisa tradizione teorica, l’immagine ritratta è “archeropita” ovvero non disegnata o dipinta da mano umana. Questo è stato confermato sia da osservazioni al microscopio che da un esame con i raggi ultravioletti eseguito nel 1997, da cui è risultato che le fibre del velo non presentano nessun tipo di pigmento colorato.
Un altro studio condotto nel 2001 ha invece rilevato la presenza di tracce di colore, ma si è altre sì pensato trattarsi di un ritocco compiuto in epoca medievale che nulla toglie alla natura archeropita dell’immagine. Resta aperto il dibattito tra gli studiosi, schierati alcuni in difesa dell’autenticità del velo, altri convinti del fatto che esso sia stato dipinto da mani umane.
Heinrich Pfeiffer, gesuita e docente di iconografia e storia dell’arte cristiana, ha studiato a lungo l’effige e infine ha concluso trattarsi del Velo della Veronica, ovvero il telo con cui secondo la tradizione cattolica, una donna, Veronica appunto, asciugò il volto di Gesù lungo il Calvario. In particolare, sul lembo inferiore del Velo sono stati trovati alcuni frammenti di vetro e ciò è collegabile con la storia del Velo della Veronica, esposto nell’antica basilica di San Pietro in Vaticano all’interno di una cappella che fu abbattuta nel 1608 e che vide la sparizione del velo, trafugato dopo avere rotto il vetro della teca che lo conteneva. Altri studi del gesuita riguardano le opere d’arte che ritraevano il volto di Gesù seguendo le indicazioni del Velo, fino al divieto imposto nel 1616 da papa Paolo V e i dettagli corrispondono esattamente a quelli del Volto Santo di Manoppello. I suoi studi però sono in contraddizione con la storia che vuole il Velo a Manoppello nel 1506 e quindi prima del furto riguardante il Velo della Veronica.
Infine, in un paragone tra il Volto Santo di Manoppello e la Sacra Sindone di Torino effettuato dal Il sacerdote Enrico Sammarco e suor Blandina Paschalis Schlömer , è risultato che le dimensioni dei due volti coincidono e che le due immagini possono essere perfettamente sovrapponibili, salvo che per il fatto che il Volto Santo ha gli occhi e la bocca aperti, mentre nella Sindone sono chiusi.
La mostra: “Penuel, il Volto del Signore”
In una sala attigua al Santuario del Volto Santo Santo si può visitare la mostra permanente “Penuel, il Volto del Signore. La Sindone di Torino e il Velo di Manoppello: un unico volto”, 27 pannelli dedicati agli studi e le ricerche effettuate da suor Blandina Paschalis Schlömer. Il titolo della mostra, invece, si ispira ad un racconto della Genesi in cui Giacobbe lotta con un personaggio misterioso, che si conclude scrivendo “Egli chiamò quel luogo Penuel perché, disse, ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva”. Ogni pannello è accompagnato da una didascalia che rappresenta una sorta di perscorso spirituale che intende oltre che scientifico, in cui viene sottolineata la bellezza umana del Signore, della vita che ha sconfitto la morte e che risplende nell’immagine raffigurata nel Volto Santo di Manoppello.
Maria Orlandi
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