Il 2 giugno degli alpini in Afghanistan


Farah, Afghanistan – (del ten. Giuseppe Genovesi) – Sono trascorsi due mesi dalla loro partenza e gli alpini abruzzesi del 9° reggimento hanno già accumulato centinaia di chilometri tra le aride valli e lungo i tortuosi e dissestati sentieri dell’area di Farah, una delle più insidiose dell’Afghanistan.
Il loro compito è concorrere alla sicurezza della propria area di responsabilità, un territorio grande quasi quanto l’Abruzzo. Pattugliamenti continui di giorno e di notte, condotti sempre più spesso con l’esercito afghano al loro fianco, perché oramai vi è la consapevolezza che esercito e polizia locali sono i primi fautori dell’ordine pubblico di quel Paese.
Senza sicurezza non vi può essere sviluppo, quindi cooperare con il Governo di Kabul significa innanzi tutto mettere in condizione quanti operano per la ricostruzione di poter pensare esclusivamente ad una scuola da costruire, al progetto d’urbanizzazione di un villaggio, all’attività medica e veterinaria condotte anche nei più sperduti insediamenti montani.
Il 2 giugno lo passeranno così gli alpini del 9° reggimento; continueranno a fare il proprio mestiere, consapevoli del loro ruolo e dell’importanza di essere laggiù. Ci sarà anche chi, libero dal servizio perché smontato da un turno di pattuglia, potrà vedere, grazie alla televisione via satellite, la parata dei Fori Imperiali a Roma, momento atteso da tutti i militari per il significato d’unità che la Festa della Repubblica evoca agli italiani. Nella base di Farah, sede del comando, gli alpini ricorderanno la data, soprattutto con un pensiero rivolto ai colleghi che non ci sono più per aver servito lo Stato. Infatti, è ancora acceso il dolore per la scomparsa, due settimane fa, di Massimiliano Ramadù e Luigi Pascazio, vittime di un ordigno improvvisato (Ied, Improvised explosive device) esploso al passaggio del loro convoglio.
L’impegno nel contrastare la minaccia Ied è costante: negli ultimi giorni sono stati distrutti centinaia di proiettili pesanti e componenti per la realizzazione di queste trappole micidiali per i militari, ma anche per la popolazione civile. Sempre più spesso sono gli stessi abitanti dei villaggi a riferire della presenza d’ordigni o munizioni alle forze di sicurezza afghane, che non di rado provvedono in proprio alla neutralizzazione.(Nella foto da Farah in Afghanistan: quando occorre gli alpini svolgono anche attività veterinaria)


01 Giugno 2010

Categoria : Cronaca
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