La guerra “sporca” della CIA
(di Carlo Di Stanislao) – Il 28 aprile scorso, il Congresso degli Stati Uniti ha tenuto un’audizione di esperti di diritto internazionale per approfondire i dubbi sulla legalità dell’uso dei droni in Pakistan. David Glazier, docente della Scuola di legge di Loyola a Los Angeles, ha dichiarato davanti ai commissari che ”il personale Cia che controlla i droni corre il rischio di essere perseguito dalle leggi pachistane per crimini di guerra”. Mary Ellen O’Connell, docente di diritto dell’Università di Notre Dame, nella stessa udienza, ha detto che ”i droni sono armi da guerra capaci di infliggere gravi perdite, quindi non sono legalmente utilizzabili al di fuori di teatri di combattimento”. Lo stesso giorno, l’Unione americana per le libertà civili (Aclu) ha inviato una lettera al presidente Obama, chiedendogli di sospendere la sua autorizzazione a un programma su cui gravano ”pesanti dubbi di costituzionalità e di rispetto dei diritti umani”, in quanto ”omicidi lungamente predeterminati e burocratizzati e chiaramente non limitati a obiettivi che costituiscono una reale minaccia imminente per la sicurezza degli Stati Uniti”. Il rappresentante speciale dell’Onu per le esecuzioni sommarie, Philip Alston, da mesi attende dal governo Usa una risposta ai suoi rilievi: ”La Cia conduce un’operazione che sta uccidendo un gran numero di persone senza la minima giustificazione dal punto di vista del diritto internazionale”. La guerra Usa, meglio sarebbe dirte CIA, dei droni in Pakistan, iniziata esattamente sei anni fa, nell’aprile 2004, ha provocato finora oltre mille morti, due terzi dei quali civili secondo il governo di Islamabad, un terzo secondo stime di centri studi statunitensi. In ogni caso, parliamo di centinaia di bambini, donne e anziani uccisi dai missili americani ‘Fuoco dell’Inferno’ (più altre migliaia di feriti), considerati come accettabile ‘effetto collaterale’ di raid ritenuti dalla Cia ”eccezionalmente accurati, precisi ed efficaci”: in sei anni sono stati ”eliminati” una dozzina di super-ricercati di Al Qaeda e ”decine” di capi talebani. La presunta uccisione a metà gennaio del leader dei talebani pachistani, Hakimullah Mehsud, era stata usata dagli Stati Uniti per giustificare l’efficacia dei bombardamenti missilistici americani sui villaggi pachistani del Waziristan. Ma, il 4 maggio, con un video (vedi: http://www.youtube.com/watch?v=_yvOyfs4XFI&feature=related). , il giovane emiro ha dato prova di essere ancora vivo sicchè la guerra dei droni della Cia è al centro di nuove polemiche. Secondo alcuni il piano distruttivo della CIa nei confronti del Pakistan si deve a vari motivi. Uno dei motivi è che il Pakistan tradizionalmente è stato un socio strategico ed economico della Cina, un paese al quale gli Stati Uniti e la Gran Bretagna si oppongono e vogliono includere nella scena internazionale. Il Pakistan, in particolare, potrebbe costituire un corridoio energetico che dovrebbe collegare i campi di petrolio in Iran ed anche possibilmente l’ Iran con il mercato cinese attraverso un oleodotto che attraverserebbe l’Himalaya su Kashmir. Questa è la cosiddetta questione del “Ductoestan” (Pipelinestan, in lingua inglese).
Ciò offrirebbe la Cina con una garanzia di approvvigionamento di petrolio dai giacimenti di petrolio su terreni non soggetti alla superiorità navale anglo-americana, riducendo al tempo stesso la traversata di 12.000 miglia agli autobotti intorno al bordo sud dell’Asia. Secondo recenti informazioni della stampa: “Bejing ha fatto pressione su Teheran affinchè la Cina partecipi al progetto dell’oleodotto e Islamabad, che è d’accordo nel firmare un convegno bilaterale con l’Iran, ha accolto la partecipazione cinese”. Ancora, la fornitura di petrolio e di gas naturale attraverso oleodotti e gasdotti dall’Iran attraverso il Pakistan e verso la Cina darebbero risorse energetiche a questo paese e costituirebbero inoltre delle cinture di trasporto di queste risorse che favorirebbero l’influenza economica cinese in Medio Oriente. Questo indebolirebbe il dominio britannico e statunitense in una parte del mondo che nè Londra nè Washington tradizionalmente hanno sempre voluto controllare come parte della loro strategia di dominio globale. Lo scorso 28 maggio, l’Onu ha annunciato che nei prossimi giorni chiederà ufficialmente all’aministrazione Obama di porre fine alla guerra dei droni, contro presunti sostenitori di al Qaida nelle aree tribali del Pakistan. L’incaricato speciale dell’Onu per il monitoraggio delle esecuzioni sommarie o arbitrarie, Philip Alston, rivolgerà un discorso il prossimo 3 giugno al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, spiegando che “il potere di dare la vita o la morte” dei droni dovrebbe essere di esclusivo uso degli eserciti regolari, non delle agenzie di intelligence. Il discorso di Alston, ricorda però il New York Times, non avrà alcun valore legale e non si concluderà con un’accusa di crimini di guerra per i funzionari dell’intelligence Usa che fanno ricorso ai droni nella loro lotta contro al Qaida nel nordovest del Pakistan.
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