Lettera aperta a Napolitano: “Sono stanco della politica spettacolo sui media”
L’Aquila- Il giornalista aquilano indipendente Emidio Di Carlo scrive al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. La sua lettera aperta è anche per il Prefetto dell’Aquila, per il Presidente della giunta regionale d’Abruzzo, Gianni Chiodi, per il sindaco, Massimo Cialente e per la Procura della Repubblica. Eccone il testo: “Sono stanco di sopportare la “politica spettacolo” dalle parti contrapposte, sui media nazionali e regionali. Sono un giornalista indipendente – iscritto all’ordine dei giornalisti-pubblicisti fin dal 1971 –; sono un comune mortale aquilano “segregato” o “sfollato” in un mini appartamento del “progetto case” (Cese di Preturo) a 13 km dalla mia precedente abitazione posta alla periferia del centro urbano del capoluogo, nel quartiere di Pettino. Qui non vi sono stati morti, ma distruzioni e criticità al patrimonio edilizio che non sono da meno di Onna e di altri paesi vicini ignorati dai media.
Desidero informarLa sulle realtà e sulle preoccupazioni che incalzano quotidianamente un sempre crescente numero di residenti nel cratere. Anzitutto sui morti post-terremoto e sulle fughe ormai verso altre città: all’incirca grosso modo intorno a cinquemila unità (praticamente un 9% in meno della popolazione residente al 6 aprile 2009). Non è vero che il “progetto CASE” ha risolto il problema degli sfollati.
La protezione civile ha operato in piena autonomia, in parte anche apprezzabile ma ha costruito quartieri dormitori. Progetto case, MAP, MAR, non guardano al futuro, ovvero alla destinazione prossima degli immobili che appaiono già da oggi precari e nei quali sono già in corso lavori di manutenzione e di urbanizzazione. In aggiunta: i problemi della dispersione della popolazione nelle zone decentrate già si fa sentire sugli stipendi e pensioni; quanto alle ”rotatorie” (erano inimmaginabili tante!) o i brevi tratti stradali per il G8 non hanno risolto il problema dei collegamenti.
Sono uno dei tanti “segregati” (da novembre scorso) nella citata Cese di Preturo su una “palafitta” (mi passi il termine) in piena “fangopoli”. Con grande amarezza registro che per distruzioni e “ricostruzione” sono aperti fascicoli giudiziari.
La famigerata burocrazia, messa da parte per l’urgenza, ha generato delle tristi conseguenze. Inoltre, la regola non è stata uguale per tutti. L’amministrazione comunale è andata avanti come se nulla fosse accaduto e non vi fossero pericoli in essere. Ha ritardato fin dall’indomani del sisma (per scarsità di personale?) le autorizzazioni dei lavori per le abitazioni classificate di categoria A e B. Ciò avrebbe consentito il rientro di almeno il 40% della popolazione nelle rispettive case, con notevole risparmio della spesa per gli alberghi, per le autonome sistemazioni, ecc.. Il Comune ha fatto gare per le demolizioni (ignorando la destinazione delle macerie) procedendo come se l’emergenza fosse esclusiva prerogativa della Protezione Civile.
Il caso del Consorzio che raggruppa 17 cooperative edilizie nella zona in espansione di Pettino è emblematico. Fu costituito con 201 soci, per costruire case in 550 giorni. Dopo alcuni anni è stato necessario l’intervento della magistratura per la consegna. Quasi non bastasse, allo scoccare del 36° anno, mentre erano in corso gli atti per il passaggio in proprietà divisa, il sisma del 6 aprile ha complicato l’iter. 25 appartamenti, in tre gruppi di villette a schiera, hanno subito danni rilevanti; mentre per i restanti palazzi, a più piani, unica sentenza: da abbattere. I soci delle singole cooperative si sono trovati “assegnatari-proprietari” dispersi in più edifici, da salvare o da abbattere, o tutti in palazzi da abbattere. Ciò rende inconcepibile il protrarsi dell’esistenza delle cooperative e tanto meno della sopravvivenza del consorzio che ha esaurito il suo fine con le precedenti costruzioni e, quindi, non appare autorizzato a decisioni non contemplate dallo statuto ovvero dalla ragione sociale per la quale è stato costituito. In tal senso, un esposto del sottoscritto, inviato nel novembre 2009, alle autorità competenti, ha ricevuto riscontro soltanto dalla Prefettura che ha rimesso, utilmente, la questione alla competenza del ministero dello sviluppo economico. Intanto ecco la nuova beffa: i 201 soci devono fronteggiare spese per la gestione delle cooperative, del consorzio (consiglio di amministrazione, avvocato, commercialista, tecnici, ecc.).
In tale quadro, essendo assegnatario-proprietario di un appartamento in via Svizzera, 11, nella terza schiera di villette classificate in categoria F, informo che con ordinanza nr. 257 del 24 06.2009, veniva disposta la demolizione dell’edificio di fronte. Inspiegabilmente è stata effettuata una gara adottando criteri di ordinaria amministrazione e non tenendo conto dell’emergenza come invece ha fatto la Protezione Civile. Ne è scaturito un ritardo nell’inizio dei lavori di abbattimento con ulteriori danni alle 11 famiglie delle villette costrette a ritardi sia nella catalogazione definitiva che nei lavori necessari per la sistemazione e rientro nelle abitazioni. Dopo sei mesi di attesa (non si sa bene quali ricorsi potessero essere presentati al TAR e al Capo dello Stato) i lavori hanno avuto inizio. Purtroppo c’è stato un incidente sul lavoro. Con l’intervento della magistratura, tutto è fermo da alcuni mesi. Ho cercato di capire la ragione del nuovo ritardo nella ripresa dei lavori di demolizione portandomi nell’ufficio del Procuratore della Repubblica. Dichiaratomi giornalista, la segretaria di circostanza mi ha liquidato dicendo di non fare domande e che non avrei avuto risposta.
Mi chiedo cosa nasconde tanta burocrazia amministrativa e tanto silenzio, considerando altresì che ad una precedente richiesta verbale fatta al presidente del consorzio mi è stato risposto che non aveva il tempo per recarsi in Procura.
Con la presente chiedo, Signor Presidente, il suo diretto intervento quale Capo dello Stato nonché Presidente del consiglio superiore della magistratura e se non ritenga giusto allargare la trasparenza anche sulle somme pervenute a seguito del sisma, sull’uso delle stesse somme, sui destinatari, sulla disponibilità finanziaria ancora esistente per la ricostruzione.” (Nella foto Col case del “progetto” a Preturo Cese)
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