L’opinione – La postina capro espiatorio?
L’Aquila – (di G.Col.) – La foto alla postina di Teramo beccata dall’obiettivo mentre fa la spesa in divisa e in orario di lavoro costerà cara all’impiegata, ed è giusto che sia così. O meglio, sarebbe giusto se vivessimo in un paese rigoroso, serio e rispettoso delle regole e del senso del dovere.
Invece viviamo in un paese, e in una regione, in cui la maggior parte dei pubblici impiegati fa poco e male il proprio dovere, considera l’orario una formalità noiosa, la firma di presenza un piacere da chiedere ai secchioni che arrivano per primi al lavoro, e passa il tempo a studiare come allungare i ponti festivi con trucchetti e permessini. Spesso sono proprio i dirigenti e i capi del personale a non trovarsi in ufficio. Spesso, quasi sempre, la gente negli uffici trova scrivanie spopolate e impiegati “fuori stanza”. Molto di frequente, le signore impiegate escono dall’ufficio per andare a fare la spesa, riprendere il bambino, o soltanto per lo shopping. Non nascondono neppure più le buste della spesa tornando in ufficio: tanto, chi dice loro nulla? Quanto alla produttività dei vari uffici, lasciamo andare: nessuno l’ha mai misurata e non lo farà mai in futuro. L’Italia va così da sempre e tutti se ne fregano: specie i controllori e i responsabili.
Che la postina di Teramo (sorpresa da un cittadino, mica dai suoi superiori…) debba pagare, ci pare una condanna del capro espiatorio sull’ara dell’ipocrisia nazionale. Che è un mare magnum in cui affogano le regole di una collettività basata sulla violazione, non sul rispetto, di tali regole. La postina pagherà , ma ciò non è coerente: è melanconico, come tante altre cose in questo povero stivale non delle sette leghe, ma dei sette millimetri.
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