Pescara, città dannunziana


Pescara, città dannunziana, dedica al suo poeta vate scorci e angoli carichi di storia e patos, degni del ricordo di un uomo sempre in bilico tra l’eccesso del vivere e la sublimazione dell’intelletto.
Un percorso che, partendo dalla casa natale del poeta, illustra i luoghi a lui consacrati in memoria del passaggio prezioso e significativo di un personaggio fuori dal comune, che qui ha nutrito i sogni più intensi della sua ispirazione declinandoli in romanzi e poemi dall’eco eterna.

La vita di d’Annunzio
Gabriele d’Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo del 1863, da Francesco Paolo e Luisa De Benedictis. Trascorre l’infanzia nella cittadina abruzzese e all’età di undici anni si iscrive al primo anno di ginnasio nel Collegio Cicognigi di Prato e durante il periodo di studi, nel 1879, pubblica presso la tipografia Ricci di Chieti, la sua prima raccolta dal titolo Primo Vere ispirata alle Odi Barbare di Carducci. Nel 1881, dopo avere conseguito la licenza liceale, si trasferisce a Roma e inizia a lavorare come giornalista su “Capitan Fracassa” e la “Cronaca Bizantina” e conosce la duchessa Maria Hardouin di Gallese che diventerà sua moglie nel 1883 e con cui avrà tre figli, Mario, Gabriellino e Veniero.
I debiti lo costringono ad andare via da Roma per rifugiarsi presso il convento Michetti, a Francavilla dove l’amico Francesco Paolo lo accoglierà fino al 1894 e dove collabora con il “Corriere di Napoli” e “Il Mattino”.
Nel 1895 compie un viaggio in Grecia che ispira la stesura di due opere, La città morta e Laus Vitae e a Venezia incontra nuovamente Eleonora Duse e si trasferisce nella villa La Capponcina a Settignano per intrecciare una relazione sentimentale ed artistica con la Duse, insieme alla quale vive un florido periodo lavorativo. Di nuovo sommerso dai debiti fugge in Francia da dove torna allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, per enunciare il discorso di Quarto alla Sagra dei Mille. Inizia così la sua campagna interventista che culmina con l’arruolamento nel reggimento lancieri di Novara, dove compie il volo su Trieste nel 1915, la Beffa di Buccari e il volo su Vienna nel 1918, l’occupazione di Fiume il 12 settembre 1919.
Dopo il trattato di Rapallo, d’Annunzio si rifugia a Gardone Riviera, in quello che diventerà il Vittoriale degli Italiani e dove resterà fino alla sua morte, il 1° marzo 1938.

La casa di d’Annunzio
In Corso Manthoné a Pescara, al primo piano dell’edificio dove d’Annunzio è nato e ha trascorso la sua infanzia, si trova oggi il Museo Casa Natale di Gabriele d’Annunzio: un percorso emozionante che si snoda attraverso le stanze sapientemente conservate in stile ottocentesco, dove sono conservati gli arredi dell’epoca e le eleganti decorazioni interne. Completa l’esposizione una serie di foto, cimeli, documenti e libri che riguardano il vate e la Pescara a lui contemporanea.
Un affascinante itinerario ripercorre le fasi dell’ultima visita che il poeta fece alla madre il 30 giugno 1915, prima di partire per la guerra: una lettura suggestiva della storia di un uomo, accompagnata dai brani del Notturno in cui sono ricordati oggetti, arredi e decori della casa paterna.
Nella sezione “Luoghi dannunziani” sono esposte immagini dell’Abruzzo a cui il poeta era particolarmente legato, in particolare Francavilla al mare, sede del Cenacolo e l’Eremo di San Vito Chietino, dove compose il romanzo autobiografico Il trionfo della morte.

La stele dannunziana
La stele dannunziana è stata progettata e costruita dall’ingegnere e artista Vicentino Michetti nel 1963 e si trova all’interno della pineta dannunziana, sulla riva sud del fiume Pescara. L’opera è in cemento armato ed è alta 67 metri, con bassorilievi che traggono ispirazione dalla vita e dalle opere di Gabriele d’Annunzio.

La pineta dannunziana
La Riserva Naturale Parco d’Avalos, più comunemente nota come pineta dannunziana, in onore del poeta vate, si trova nella parte meridionale della città ed è il luogo dove d’Annunzio immagina di inseguire il volto di Ermione tra ginepri e tamerici bagnate da una pioggia fresca e sottile, nella poesia senza tempo “La pioggia nel pineto”.
Abbandonata per moti anni, è stata recentemente sistemata con la riunificazione dei vari lotti in cui era divisa e con la sistemazione di percorsi pedestri e sentieri romantici che si insinuano nel labirinto disegnato dai pini d’Aleppo e che conducono al laghetto artificiale, con il suo isolotto centrale abitato solo da una papere e cigni, padroni indiscussi di questo piccolo specchio d’acqua.

Maria Orlandi


07 Maggio 2010

Categoria : Turismo
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