Acqua in deroga


(di Carlo Di Stanislao) – È del 16 aprile l’opinione tecnica positiva dello Scher (Scientific committee on health and environmental risks) sulla deroga chiesta dall’Italia alla Commissione europea sui limiti consentiti per quanto riguarda il contenuto di arsenico, boro e fluoro nell’acqua potabile di 5 regioni e 2 province autonome. La Commissione scientifica ha preso in considerazione tutte le evidenze disponibili, tossicologiche ed epidemiologiche, per valutare i rischi derivanti dall’esposizione quotidiana in varie categorie di popolazione. La deroga richiesta per i prossimi 3 anni riguarda concentrazioni superiori a: 50 microg/L di Arsenico, 3 mg/L di Boro e 2,5 mg/L di Fluoro. L’esposizione oltre i limiti di norma alle sostanze in oggetto per la popolazione generale viene considerata sostanzialmente tollerabile, mentre esistono dei rischi potenziali per i bambini al di sotto dei 3 anni per il boro, e per i più piccoli non allatatti al seno per boro e fluoro, se l’acqua potabile è utilizzata nella preparazione del latte formulato. Nessun allarme allo stato dell’arte attuale per l’arsenico (inorganico), del quale sono invece ben noti i rischi tumorali connessi alla contaminazione alimentare con i suoi derivati organici. Tuttavia alcuni esperti del comitato scientifico suggeriscono di attenersi prudentemente al limite di 20 microg/L che sembra emergere da valutazioni dell’Efsa, soprattutto per quanto riguarda le categorie più a rischio: i bambini fino ai 18 anni d’età, le donne in gravidanza, le mamme che allattano, i neonati non allattati al seno. La richiesta dall’Italia è il terzo rinnovo della deroga, per concentrazioni da 2 a 5 volte superiori a quelle stabilite dalla direttiva europea 98/83 e si applica agli acquedotti di alcuni comuni di Lazio, Campania, Toscana, Umbria, Lombardia e alle province di Trento e Bolzano. Per completezza d’informazione è però giusto aggiungere alcuni dettagli specifici della situazione italiana: boro, fluoro e arsenico sono presenti non perché l’acqua sia inquinata ma perché in alcune zone abbondano naturalmente nel sottosuolo, dal quale proviene quasi tutta l’acqua potabile nazionale. Dal 2003, anno in cui l’Italia chiese la prima deroga per 10 sostanze chimiche e ben 13 regioni, la situazione è drasticamente migliorata grazie a investimenti mirati a risolvere le problematiche presenti, pur continuando a garantire il rifornimento idrico essenziale. Secondo i criteri definiti dall’organizzazione mondiale della sanità si considera che l’apporto di una sostanza chimica attraverso l’acqua potabile non rappresenti più del 20% dell’introito giornaliero tollerabile (Tdi tolerable daily intake) di un contaminante, dato che a questo si somma poi l’apporto che origina dalle fonti alimentari. Per la valutazione dell’eventuale superamento dei limiti consentiti si ragiona su un soggetto adulto, del peso di 60 kg, che beve 2 litri di acqua al giorno. I limiti prescritti dalla direttiva europea sono quindi molto ristretti e per questo si prestano anche a possibilità di deroga, per esempio negli stati con climi caldi in cui verosimilmente si beve di più, fermo restando il rispetto di alcune procedure. In particolare la deroga riguarda solo l’acqua potabile per uso privato e non quella impiegata dalle aziende alimentari, occorre presentare un piano dettagliato delle azioni correttive che si intraprenderanno comprensivo di tempistica e finanziamenti previsti, le autorità regionali interessate dalla deroga devono informare tempestivamente la popolazione residente e fornire indicazioni specifiche di comportamento alle categorie a rischio.


06 Maggio 2010

Categoria : Scienze
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