Alpini, dal terremoto all’Afghanistan


Afghanistan Occidentale – Gli alpini abruzzesi del 9° reggimento della brigata Taurinense sono di nuovo in Afghanistan e ormai da dieci giorni hanno assunto il controllo della zona sud dell’area occidentale del Paese, quella a guida italiana. Questa è per loro la quinta volta in quella martoriata regione del mondo, dopo le missioni a Khost nel 2003 e quelle a Kabul del 2005, 2006 e 2008. Lo si legge in una nota del ten. Giuseppe Genovesi a InAbruzzo.com
Vengono da una terra di montagne e di radicate tradizioni alpine che, nell’ultimo anno, li ha visti lavorare intensamente per soccorrere la popolazione colpita dal catastrofico sisma del 6 aprile del 2009 e, quindi, collaborare con le autorità di pubblica sicurezza per prevenire atti di sciacallaggio nelle zone ancora disabitate dell’Aquila.
Essi stessi, si sono trovati, in quella fredda notte d’aprile, a dover mettere in salvo mogli, figli, parenti e i propri beni personali per poi indossare lo zaino che chiamano “alpino”, simbolo della loro autonomia operativa. Non era trascorsa neanche un’ora dalla scossa più forte, quella delle 3 e 32, quando hanno iniziato a perlustrare la zona interessata dal terremoto, soccorrendo tutti quelli che avevano bisogno lungo il loro itinerario di ricognizione. Oggi lo stesso spirito di dedizione al servizio se lo sono portato a Farah, in Afghanistan per quella missione che ormai tutti abbiamo imparato a chiamare Isaf (International Security Assistance Force) per concorrere a creare le condizioni di sicurezza senza le quali il governo di Kabul non potrebbe costruire lo sviluppo socio-economico di una popolazione che ha conosciuto negli ultimi decenni solo guerre, devastazioni, miseria e che vede nei nostri ragazzi la speranza per un futuro migliore.
Dunque, gli alpini della Taurinense assicurano quotidianamente la sicurezza connessa all’assistenza a favore della popolazione e delle autorità locali: pattuglie di presenza e controllo, scorte convogli, raccolta d’informazioni, presidio di aree interessate alle attività di cooperazione nonché sostegno diretto alle unità nazionali o di paesi della coalizione coinvolti in tali attività. E’ poi fondamentale il supporto fornito alle forze di sicurezza afghane, con attività operative congiunte e con corsi e programmi d’addestramento a favore di polizia ed esercito del posto, mirati ad incrementare la loro autonomia tecnica e gestionale.
Il capitano Mario D’Angelo, abruzzese doc di Sulmona, comanda una compagnia nella base operativa avanzata di Bala Baluk, estrema propaggine dell’area di responsabilità italiana, distante una settantina di chilometri dal capoluogo Farah. Si è addestrato con i suoi uomini prima di partire per l’Afghanistan, ma un occhio affezzionato è sempre rivolto verso la sua terra. Grazie ad internet ai moderni mezzi di comunicazione con l’Italia, lui e quegli alpini che hanno subito danni alle proprie case seguono tutte le pratiche e gli adempimenti per le ristrutturazioni post-terremoto.
Se si stuzzica sulla lontananza dalla madre Patria, D’Angelo è fiero di essere in Afghanistan, lì per la seconda volta dopo la missione del 2008.
“Dopo alcune esperienze all’estero, posso dire con convinzione di essere orgoglioso e soddisfatto di aver intrapreso la professione di soldato. Riscontro quotidianamente e diffusamente un senso di partecipazione e di presa di coscienza del ruolo che le forze armate rivestono oggi nella vita del nostro Paese. Ho il privilegio di appartenere ad un reparto altamente operativo nel quale ho rivestito, a diversi livelli, le funzioni più gratificanti e entusiasmanti per la vita di un militare: il comando di unità in missioni al di fuori del territorio nazionale. Lavoro ormai da diversi anni al fianco di professionisti seri ed esperti che hanno rinvigorito in me la scelta di diventare ufficiale e con loro sento di poter essere parte fondante del mio Paese”.
(Nelle foto il cap. Mario D’Angelo, pattuglie appiedate e controllo del territorio)


29 Aprile 2010

Categoria : Cronaca
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