“Il terremoto: un terribile nemico da conoscere per potersi difendere”
L’Aquila – Si svolgerà lunedì 26 aprile alle ore 9 presso lAula Magna I.T.G. “O. Colecchi” dell’Aquila un seminario sul terremoto e sulla prevenzione. La scheda introduttiva del seminario di Claudio Panone: “Il 6 aprile 2009 nell’aquilano si è scatenata la furia più inquietante dei fenomeni naturali. Quella notte nulla è stato risparmiato dalla violenza del terremoto ed il nostro territorio annientato dal tremore della terra ma anche da un’inspiegabile ignavia: la stessa colpevole negligenza che, dopo il disastro, ha parlato di cemento armato fasullo e perizie geologiche ignorate nel nome del profitto.
Lo shock, assoluto, ce lo ha lasciato addosso la violenza inaudita della Terra. Quella violenza ci ha atterriti tutti, ci ha fatto sentire troppo piccoli, inermi e impotenti, ci ha ricordato che non tutto possiamo, che ci sono eventi che ci sovrastano e rispetto ai quali non possiamo fare altro che chinare il capo dimessi. Ma, repentina, si è insediata negli animi anche la rabbia, che ci sta logorando tutti. E, così, uno sguardo più lucido alla tragedia ci lascia tutt’altro che rassegnati. Perché la Natura non è mai tanto cattiva quanto può esserlo l’ Uomo. L’ Uomo che ha individuato l’ espansione cittadina nelle zone meno idonee (la Valle dell’ Aterno in cui la soffice copertura di terreni alluvionali amplifica l’azione sismica), lo stesso che ha permesso che degli studenti quella notte crollassero insieme ad un sarcofago di cemento. Le scosse di terremoto che si stavano susseguendo ci stavano preoccupando: gli esperti avrebbero dovuto collocarle, con alta probabilità, nell’arco temporale dei ritorni storici per i sismi dell’area aquilana. Precisamente, sulla base della storia sismica aquilana (si ricordano i terremoti del 1315, con epicentro Paganica, 1349, 1461, 1703), dai dati ricostruiti nel Catalogo dei Terremoti prodotto dal C.N.R. e, soprattutto alla luce dei precursori che si stavano verificando (oltre 300 scosse a partire dal 14 dicembre scorso) nella nostra zona, analoghi a quelli del terremoto del 2 Febbraio 1703 (quando è stato distrutto, come ora, l’intero insediamento dell’aquilano) avrebbero dovuto ritenere quelle innumerevoli scosse una vera e propria crisi sismica piuttosto che uno sciame. Soprattutto, tenendo presente il particolare sistema di fagliazione che interessa il territorio, costituito da numerose faglie più o meno attive (faglia di Pettino, faglia dell’ altipiano delle Rocche, faglia di Pizzoli, faglia di Campotosto, faglia di Collebrincioni, faglie del Gran Sasso ecc.), ed alcune con un gap sismico, Tutto ciò faceva ritenere altamente probabile il verificarsi di un evento sismico, che non avremmo creduto potesse essere così devastante. L’aquilano, oltre ad essere zona sismica, è un territorio storico, con un patrimonio edilizio preziosissimo, ma fragile. E questo non è stato adeguatamente considerato. Anzi. Seppure in passato ci fossero stati studi e indicazioni, talora questi rimasero solo su carta: nulla è stato fatto di quanto segnalato attraverso diverse relazioni.
Nulla o quasi è stato fatto in termini di prevenzione, relativamente alle infrastrutture (aree attrezzate, rete viaria, scuole, ospedale ed edifici pubblici), all’ educazione (gruppi operativi permanenti, collaboratori volontari, mappatura dei punti di maggiore rischio, corsi di protezione civile, istruzione della popolazione), alla politica (finanziamenti pubblici), alle esercitazioni. Ecco perché la Natura, paradossalmente, può in un certo senso averci protetto: “anticipando” il suo triste boato rispetto allo scoccare dell’ apertura degli uffici, ha evitato che l’ Uomo, in quegli edifici ormai fantasma, mandasse gli uomini ad adempiere alle varie attività quotidiane
E’ giunto però il momento in cui ci deve essere una netta svolta sul modo di pensare ed operare “italiano”: è necessario affrontare i problemi prima che accadano tragedie come quella del 6 aprile. Per creare una vera coscienza civica nelle giovani generazioni non basta, infatti, adeguare gli edifici scolastici alle normative delle leggi vigenti, ma è necessario promuovere la conoscenza della protezione civile nei cittadini in formazione. E’ questa la scommessa più grande per il prossimo futuro. Il rapporto con la scuola, degli enti preposti alla “sicurezza”, dovrà essere sempre più intensificato ed arricchito di nuove proposte, anche in considerazione delle esperienze fatte. Il problema della sicurezza nella scuola deve, quindi, essere affrontato tenendo sempre presente due esigenze distinte, ma non in contraddizione tra loro. Se da un lato anche la scuola non può sottrarsi alla necessità di concorrere all’adeguamento delle proprie strutture, come è stato purtroppo evidenziato dalla tragedia del 6 aprile 2009, e nella direzione prescritta dalla normativa vigente, dall’altro questa deve essere considerata un’occasione per interpretare questo compito coerentemente con le proprie finalità educative. Il successo della prevenzione passa, quindi, attraverso la scuola, che assumendo sotto questo profilo un ruolo di primaria importanza, deve prestare una particolare attenzione alla cultura della sicurezza, tenendo presente che questo impegno formativo si tradurrà in comportamenti corretti non solo a scuola o nei luoghi di lavoro, ma anche nelle discoteche, negli stadi, nei luoghi di svago ed in generale nella vita di tutti i giorni. Il problema educativo si inserisce in un discorso più vasto di esperienza formativa, che è diventata sempre più complessa, per cui la scuola deve, attraverso la disponibilità di sufficienti risorse, riappropriarsi di una forte azione formativa, per preparare i ragazzi ad una vita attiva e socialmente partecipe”.
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