L’opinione – La pazienza di Fini


(di Carlo Di Stanislao) – Giobbe era davvero un fatalista o più un astuto Ulisse? Secondo i biblisti egli era un borghese ante-litteram, ma di tipo semitico, cioè legato ad un contesto sociale significativo, carico di tradizioni ancestrali, in cui l’individuo deve sentirsi necessariamente parte di un collettivo. Secondo me lo è anche, dopo più di 20 secoli, Gianfranco Fini, che sa quanto premiante può essere la pazienza. Come insegna Camilleri ne “La pazienza del ragno”, in attesa di entrare in gioco per mettere in atto una vera strategia politica, Fini mette in calma la sua coscienza e riposiziona i personaggi nel gioco delle parti, tessendo la sua ragnatela che non mancherà di scattare, al momento opportuno. Scrive oggi su “Il Giornale” Adalberto Signore, che se il black out tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini dovesse andare avanti, non potrebbe che diventare un caso e che, questo, al Cavaliere, ai ferri corti col Quirinale e con un Bossi sempre più incalzante, non conviene. Quindi, fra giovedì e venerdì, l’incontro fra lui e l’ex leader di An si dovrà avere, anche perché, come ha dichiarato Italo Bocchino, “l’atteggiamento convergente di Napolitano e Fini non lascia ben sperare”. E che la situazione sia molto fluida lo conferma Paolo Bonaiuti che parla di “passaggio complesso”. Il Sole 24 Ore chiarisce che sul presidenzialismo Fini la pensa diversamente da Berlusconi e, ancora, che lui guarda alle riforme in una logica di interesse generale. Sulla base dell’esperienza passata – ha fatto notare Fini ricordando la riforma varata nel 2005, nella XIV legislatura e cassata in sede referendaria l’anno dopo – c’è il rischio che il referendum imponga un prendere o lasciare, visto che questo strumento non prevede soluzioni parziali. Ove ciò accada, si rischia di buttare all’aria tutto il buon lavoro fatto. “Per questo bisogna cercare fino all’ultimo di coinvolgere il più possibile una maggioranza quanto più vasta“. Fini porge un ramoscello d’ulivo a Berlusconi, mettendolo in guardia dai rischi che corre, senza, però, spiegare la sua proposta. Tutti affermano che il presidente della Camera vorrebbe un sistema costituzionale e istituzionale made in Italy, invece di quello made in France che tanto piace a Silvio Berlusconi, ma la sua proposta italo-italiana è ancora top secret. Intanto, per gettare acqua sul fuoco, già l’8 scorso, lo stesso Roberto Calderoni, ministro della Semplificazione, intervenendo a “La Telefonata” su Canale 5, rassicurava che da parte della Lega ”non c’e’ intenzione di fare asse con tizio o con caio. I tre leader del centrodestra sono Berlusconi, Fini e Bossi e la riforma va trovata da loro tre”. Certamente Fini non si fida di chi parla di un’alleanza a tre e si comporta come in un diarchia, ma, da polito scaltro e uomo flemmatico, si è messo tranquillo ed in paziente attesa di crepe nell’asse B&B. Meno pazienti sono alcuni finiani, come il politologo Alessandro Campi , che dalle colonne del Riformista chiede al Pdl di darsi una “sveglia”, perché “non bisogna arrendersi all’evidenza di un’alleanza di governo nella quale i rapporti di forza sembrano essere capovolti: l’alleato minore detta la linea all’alleato maggiore”. Forse, come dice Amedeo La Mattina de “La Stampa”, oggi Fini è in grave difficoltà per la trazione leghista della maggioranza, mentre molti dei suoi ultimi fedeli temono una riduzione della truppa, con schiere che si staccano per veleggiare verso il Cavaliere. Tuttavia io credo che il presidente della Camera sia convinto che l’euforia di Bossi non si attenuerà e che Berlusconi capirà che ci vuole un argine alle continue rivendicazioni dei leghisti e servendo una “cerniera” con l’opposizione per dar seguito a l’invito di condivisione di Napoletano, si dovrà pensare a lui. Fini sa che prima o dopo entrerà in gioco, senza urlare, giocando in modo sottile, con proposte credibili e organiche, che siano condivise dall’opposizione e, con pazienza, attende quel momento. Fini sa che la Lega di Bossi non ha nessun interesse a dotare lo Stato italiano di strumenti che lo rendano più efficiente e vicino ai cittadini. L’unico interesse è quello di imporre un federalismo che nessuno ha ancora capito bene. Di diverso avviso è Berlusconi che se concluderà la sua parabola politica con le riforme che promette da quindici anni, non sarà ricordato solo per il conflitto d’interesse. Fini sa che di garbugli stanchi e in politichese anche l’elettorato non ne può più e attende al varco questo governo che può liberamente manovrare ora, senza elezioni per tre anni. Certamente a breve (con il rientro di Berlusconi dal Nuclear security summit di Washington) l’incontro fra Fini e Berlusconi ci sarà e altrettanto certamente il Cavaliere, che certo sa il fatto suo, gli offrirà l ruolo di referente istituzionale delle riforme. Questo lo dicono anche i giornali vicino a Berlusconi, ma ciò che non dicono (e che noi crediamo) che in un orecchio gli dirà anche che ascolterà i suoi consigli, anche fingendo di ascoltare gli organi decisionali del Pdl ed il Consiglio dei ministri. Se vuole davvero essere ricordato come statista, non ha alternative.


14 Aprile 2010

Categoria : Dai Lettori
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