Si spengono le luci, tacciono le voci…
L’Aquila – Da A.F. dell’Aquila riceviamo: “Caro InAbruzzo.com, non vorrei essere di cattivo gusto nè approfittare del momento tragico per fare della facile polemica, perchè riconosco senza esitazioni che Governo e Protezione civile hanno -finora – agito al meglio, anche se non tutto va proprio benissimo e qualche carenza c’è. Nessuno, però, avrebbe potuto fare di meglio, e non ci sono precedenti: una città grande e diffusa sul territorio come L’Aquila, 64 frazioni, con tutti i comuni intorno, comporta enormi problemi e spese. Tuttavia mi chiedo: non accadrà che “si spengono le luci e tacciono le voci”? Bruno Vespa continua a dedicare Porta a Porta, una sera dietro l’altra, alla sua città martoriata e fa benissimo: tutti temiamo che spenti i riflettori della tv e della stampa (che troppo spesso racconta sciocchezze, esagera, sbaglia, è ignorante, ma tutto sommato svolge un ruolo essenziale), il terremoto dell’Aquila finisca come altri. Cioè richieda anni e anni, anzichè sei mesi. Perchè? Semplice, caro direttore: in Abruzzo, in provincia dell’Aquila, qui vicino (a Balsorano, per esempio, e anche altrove) ci sono ancora baracche costruite dopo il terremoto del 1915. Sono ancora lì, abitate o utilizzate altrimenti. Quasi cent’anni. E tutti, anche la stampa, le anno dimenticate”.
(Ndr) – Tutto vero, timori motivati, vigilanza e attenzione. Un solo errore: le baracche non sono dimenticate. Solo noi, cara signora, negli ultimi anni abbiamo dedicato all’argomento una quantità di servizi. E non siamo stati i soli.
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