RACCONTINO – Fu davvero un puro Natale
(G.C:) – Tanti anni fa sotto certi aspetti la vita per i giovani era più accogliente rispetto ad oggi. Nel ’65 del secolo scorso, per esempio, uno studente universitario poteva decidere quando voleva di fare l’insegnante. C’era un bisogno enorme di insegnanti, specie nelle plaghe più scomode e periferiche. Chiedemmo semplicemente, e ci fu dato: nomina per un anno in una media, materie letterarie. E francese. Ma noi avevamo fatto inglese al liceo… Non fa niente, disse il preside: hai pochi giorni per imparare un po’ di francese, eccoti una grammatica e arrangiati.
La scuola era in un paese a più di 1.000 metri, stradina sterrata per arrivarci con mezzi propri. Il nostro mezzo era una delicata Lancia molto vecchia, e ci toccò per tutto l’inverno anche metterle le catene antineve, ogni mattina da novembre a maggior.
La scuola? Era un posto d’ascolto televisivo, ovvero lezioni a distanza in tv Rai tra le 9 e le 13. Insomma, didattica DAD decenni prima che fosse inventata come adesso.
Siccome l’Italia è sempre stata il paese di Pulcinella, il televisore in scuola non funzionava ed era coperto di polvere, i vetri alle finestre erano rotti e non c’erano carte geografiche. Tanto meno il bagno. Tutti i maschietti, insegnante compreso a far pipì nei brulli campi , e la sola ragazzina che correva a farla a casa piena di vergogna.
Inutili gli appelli al comune per avere almeno una stufetta meno scassata di quella che c’era, tanto meno di mandare un tecnico per il televisore. Che non si accese mai di luce propria. Lezioni da vivo, i improvvisate, ma tutto sommato piacevoli. Quei poveri ragazzini non sapevano nulla di nulla, neppure cosa fosse Roma . Anime pulite, rossi in viso per il freddo, si alzavano all’alba per governare le vacche o andare in montagna a raccogliere legna. Un po’ la portavano anche a scuola per tentare di combattere il gelo.
Il 23 dicembre portarono pacchi di carta di giornale pieni di salami, salsicce, dolci di casa, lenticchie cotte, perfino brodo di cardone caldo. I loro sorrisi erano da cinema neorealista. Mangiammo tutti per benino e l’abbuffata su sufficiente per me fino al cenone.
Un Natale pulito, anzi puro, tra i pochi belli che ricordi.
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