“Ecco cosa penso di Tiboni e Mediamuseum”


Pescara – Da Mario A.Di Iorio riceviamo: “Cari amici, permettete che esponga la mia opinione sul CASO TIBONI MEDIAMUSEM. Lo farò in soldoni per non massacrarvi di blabla. Sgombriamo un equivoco che fa tanto provincia: il Mediamusem non è la più straordinaria struttura del suo genere: è modesto, un po’ posticcio. Che ce ne entra Pescara con il cinema – a parte che Flaiano e Cicognini – erano pescaresi? Come il Marrucino non è La Scala e il Teatro Stabile de L’Aquila non è il Piccolo. Sono enti di provincia che, imbottiti di personale reclutato clientelarmente, costano un sacco di soldi alla comunità regionale. Soldi pubblici che ormai non ci sono più. Per cui quello che emerge è il fallimento del modello gaspariano: faccio un ente, lo inzeppo di miei clientes che tanto paga pantalone, e me lo gestisco come voglio io. Il denaro è pubblico, la gestione privatistica e paternalistica. Pantalone mette i soldi e Arlecchino li spende. L’ultima cosa che conta è la qualità del fare, basta strillare “siamo i migliori” e avere qualcuno, non ne servono molti, che dica “è vero, è vero!”. Adesso il denaro pubblico non c’è più, alcune tutele politiche sono tramontate, il personale politico che governa questa città non si segnala per sensibilità culturale. Pescara città dannunziana parla da sé.
Si può, si deve fare una lotta arretrata, di trincea, del meno peggio? Probabilmente si è costretti a farla. Però si può contrattare. Però si può migliorare.
Primo: Tiboni deve pubblicamente chiedere aiuto e incontrarsi con chi glielo dà. Coerentemente con la sua cultura di ras democristiano non si espone, così non si indebita. Manda emissari, pensa in disparte, chiagne e fotte, o almeno ci spera, del resto lo fa da sempre, perché cambiare?
Secondo: con Tiboni si elabora un protocollo comune di intesa col quale si rimettono in discussione le modalità assolutistiche con le quali il patrimonio di enti e risorse che fanno capo a lui vengono modificati e modellati diversamente. Tanti anni di attività non hanno prodotto professionisti, tecnici, cultori, non hanno raggiunto né coinvolto nuove generazioni. Sono state più attività burocratiche di distribuzione, che pratiche della produzione di cultura e palestre di specialisti. Si tratta di trovare le soluzioni tecniche, la cosa non è difficilissima.
Terzo: se si chiude positivamente l’accordo si è più forti e si chiama la città: dall’Amministrazione Comunale ai partiti, dalle associazioni ai sindacati, dalle professioni agli utenti, e anche Provincia e Regione. Di fronte a tanta capacità di movimento, e all’ampiezza del fronte che può costituirsi, è difficile che la Giunta Mascia sappia e riesca a mandare avanti il suo intento.
In questo caso si salva l’esistente e si apre una nuova e migliore pagina per l’avvenire. In questo caso ci sto anch’io a dare una mano. Cordiali saluti a tutti, ciao”.


09 Aprile 2010

Categoria : Cultura
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