L’opinione: B for president


(di Carlo Di Stanislao) – Si sono incontrati a cena lunedì scorso, come ogni lunedì da ormai molto tempo, i due diarchi d’Italia, con un piccolo seguito di fedelissimi ed eletti (come il figlio di Bossi, Renzo) e pare abbiano trovato un’intesa sul futuro delle riforme, sulla loro attuazione e, anche, sul futuro del Cavaliere. A quanto si è appreso dai vari giornali, l’incontro di Arcore non ha sortito solo l’applicazione di un metodo perchè l’apparente accondiscendenza di Berlusconi verso i leghisti nasconde quello che si configura come un patto; ma anche l’effetto, molto visibile, di farci comprendere che, per il futuro, l’ex monarca ha deciso per se una carriera da presidente in una Nazione amministrata alla francese. Si agitano sia gli uomini di Gianfranco Fini, perchè l’attivismo leghista, guardato con benevolenza da Berlusconi, è visto come un atto di guerra contro il presidente della Camera; che Bersani e lo spaurito drappello del lacero Pd, perché temono un ennesimo colpo che non riusciranno a parare, mentre B&B (nuovo binomio destrorso per un servizio “tutto compreso” alla Nazione), si spartisce competenze e finalità. Naturalmente, da uomo navigato e furbissimo, Berlusconi sa che deve in primo luogo intestarsi il trittico delle riforme e non lasciare grande spazio al “senatur”. Egli sa, per intelligenza ed esperienza, che solo se varerà la grande riforma comprendete Stato (federalismo e presidenzialismo), giustizia e fisco, riuscirà a mostrare di avere ancora il mano il gioco. Ma si tratta pure di vedere, in concreto, se riuscirà a farlo , poiché non è detto che la Lega accetti i ritmi e le priorità da lui imposti. Per Bossi è troppo importante verificare in prima persona qual è l’orientamento del centrosinistra, anche per evitare i soliti scogli legati alla giustizia e questo non è un problema da poco. Bersani, dicevamo preferisce tenersi le mani libere, lasciare uno spiraglio aperto, richiamandosi alla “bozza Violante”; ma al tempo stesso chiedendo a Berlusconi di andare in Parlamento a discutere nel merito: gioco tattico trito, logoro e risaputo, prevedibile e davvero senza prospettiva. Il 31 marzo, a Palazzo Grazioli, dopo aver parlato con Tremonti e Alfano, il grande Silvio ha tracciato chiaramente le sue due direttive: in una prospettiva di medio termine fisco e giustizia, poi, il presidenzialismo. Bonaiuti, al solito, riassume: “la riforma fondamentale è quella fiscale, una riforma da avviare subito anche perché richiederà tempo, due o tre anni come ha detto il ministro Tremonti”. C’e’ poi la riforma istituzionale, per cui federalismo e presidenzialismo (o premierato forte) marceranno insieme. Infine la riforma della giustizia, che dovra’ avere anch’essa tempi rapidi. Per quanto riguarda l’opposizione, sono convinto che le riforme si debbano fare. Ora o mai più. Meglio se si fanno insieme e sono largamente condivise. Ma comunque bisognerà farle da soli. Purtroppo vedo nell’atteggiamento del PD una certa esitazione. Non vorrei che le loro divisioni interne li portassero ad essere recalcitranti di fronte alle riforme”. Ieri Napolitano ha firmato la legge sul legittimo impedimento (18 mesi di scudo dai processi per premier e ministri) e, contemporaneamente, invitato a cercare in Parlamento la più larga condivisione sulle riforme. Così, incassato il via libera dal Colle, Berlusconi, sapendo che potrà evitare le aule di tribunale e di preparare con calma un lodo Alfano costituzionale per archiviare definitivamente le sue vicende giudiziarie, può dedicarsi agli altri progetti. Naturalmente, quello che gli sta più a cuore, è quello messo mediaticamente per ultimo: il presidenzialismo, già artatamente spento sui suoi giornali (Il Giornale, Libero) come il più innocuo “semipresidenzialismo”. E’ questo, io credo, il vero obiettivo: una riforma che gli permetta di essere eletto presidente con poteri esecutivi, direttamente dal popolo. Il modello è quello del semipresidenzialismo francese, che piace tanto sia alla Lega che ai finiani di Farefuturo, che prevede l’elezione diretta del presidente ed il potere di presiedere il Consiglio dei ministri, con possibilità di nominare il primo ministro e ministri, non dipendere dalla fiducia del Parlamento, sciogliere le camere, presiedere il Csm, indire referendum. Ma, intanto, sia Fare Futuro che la Lega si mettono un poco di traverso. Il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli ha presentato al Quirinale una bozza del piano delle riforme,che prevede il semipresidenzialismo al Senato federale e la riduzione del numero dei parlamenta, gesto che ha irritato sia lui che i suoi vertici, dal momento che la bozza deve ancora essere sottoposta agli altri ministri e magari allargata anche all’opposizione. Resta poi aperto ed inevaso il problema Fini. Il rapporto tra i due cofondatori del Pdl si è raffreddato durante la campagna elettorale e dopo la vittoria del centrodestra, che ha visto come protagonisti B&B, l’ex leader di An ha continuato a rimanere in disparte. I due però si sono sentiti telefonicamente nei giorni di Pasqua e l’atteso faccia a faccia, che era previsto per questa settimana, sarebbe stato spostato alla prossima. Inoltre, si dice da ambienti vicini alla destra, il rapporto fra i due è migliorato, con Fini, che avrebbe apprezzato le proposte del Carroccio, in particolare le aperture verso un cammino condiviso con l’opposizione. Resta tuttavia perplesso sull’assegnazione alla Lega della “cabina di regia” delle riforme e soprattutto sul ruolo di ponte con l’opposizione, che il partito di Bossi vorrebbe ora svolgere e che, invece, anche istituzionalmente, spetterebbe a lui. “Le riforme vanno fatte in Parlamento, a partire da quelle economiche e sociali, per rilanciare il Paese e farlo uscire dalla crisi. Una classe politica seria inizierebbe da queste”, ha dichiarato oggi il capogruppo Idv alla Camera, Massimo Donadi. Potrebbe aver ragione con elettori diversi ed un consenso meno plebiscitario al Pdl e alla Lega. Non sono i suoi strepiti né le parole dell’UDC e del Pd a turbare i sonni del Cavaliere, ma la visione di un tridente (Lui, Bossi e Fini) che, in fase di sfondamento è molto efficace, ma lo è meno in quella di realizzazione, con tre punte che tendono a ignorare il gioco di squadra.


09 Aprile 2010

Categoria : Politica
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