RACCONTINO – Quando conobbi il terremoto


Ero un bambino appena arrivato a L’Aquila da Vasto. Il terremoto davvero non sapevo neppure cosa fosse, almeno fino al 5 settembre del 1950. Mio padre professore era stato trasferito controvoglia a L’Aquila, benchè temese il freddo, avendo avuto da giovane la malaria. Nessuno ascoltò le sue ragioni e ci ritrovammo in un appartamento in via della Ganca, in centro storico. Una sola stufa di creta rossa e ghiaccio sui vetri durante l’inverno. Ma non solo ghiaccio…
Il 5 settembre del ’50 lui era a Pescara per gli esami di riparazione. A casa dormivamo mia madre ed io, in una camera senza finestre. Alle 4 circa due tremendi scossoni di terremoto, quasi insieme come nel 2009, mi insegnarono cosa possa essere il terrore. Un segno mai rimarginato, anzi rinnovato nel 2009. Non capivo cosa fosse, ero solo agghiacciato dalla paura e da un urlo altissimo di mia madre. Corremmo verso le scale nel buio, tra le urla degli altri abitanti e del vicinato. La paura non mi impedì di correre ad acchiappare il mio gatto rosso, un amico. Lo trovai in salone appiattito sul pavimento di parquet . A tentoni lo afferrai ma non si staccava da terra. Intanto mia madre urlava perchè facessi presto. Tirato disperatamente il gatto alla fine mi rimase tra le mani: compresi dopo che aveva infilato le unghie nel parquet per il terrore che aveva atterrito anche lui. Avevamo tutti e due conosciuto il terremoto, mentre altre scosse meno forti si susseguivano. In strada tanta gente, chi in pigiama, chi in mutande. Ci dirigemmo verso casa di Laudomia Bonanni, la scrittrice, sorella di mia madre. La folla scomposta e drammatica spaventò il gatto che mi saltò via dalle braccia e scomparve in un vicolo. Lo avrei trovato molte ore dopo, davanti al portoncino di casa, seduto ad aspettare.
Le ore successive passarono tra paura e timore che il sisma tornasse. La sola fonte di informazioni, la radio, parlava di forti scosse in Italia centrale, danni e forse vittime. Notizie vaghe, che accrescevano la paura. Lo sciame durò mesi, ma imparai che al terremoto non si fa l’abitudine. E imparai anche cos’è la paura vera, incontenibile.
Per una vita, sono andato al cinema – spessissimo, lo amavo – sedendo sempre sulla poltrona più vicina all’uscita. Ingenua misura preventiva,. Il segno di un incubo perenne, più che altro.


05 Settembre 2020

Categoria : Cultura
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