L’opinione: I pensieri del Cavaliere
(di Carlo Di Stanislao) – Con Cota che dichiara, da nuovo governatore del Piemonte, che per lui la Ru 486 può restare nei magazzini e Bossi che sostiene che il federalismo serve più al Sud che al Nord, con l’osservazione non miope dei datti della sconfitta del Centro-Sinistra e l’avanzata della Lega anche in regioni “rosse” e del Mezzogiorno, è evidente che anche il Cavaliere, che oggi ha incontrato Napoletano per illustrare come voglia procedere circa le riforme, abbia un poco di paura, avendo compreso, dopo le regionali, che da una monarchia si è passati ad una diarchia. Mentre il consiglio dei ministri respinge le dimissioni del ministro per gli Affari Regionali Raffaele Fitto, che all’indomani della sconfitta in Puglia del candidato del Pdl, Rocco Palese, candidatura da lui fortemente voluto, aveva rimesso il suo mandato e mentre il tam tam di giornali, televisione e radio ci rimbalza la fastidiosa notizia che ha pagare le tasse in Italia siamo davvero in pochi; Berlusconi annuncia (anche su Facebook) che ora si faranno le vere riforme: stato, giustizia, fisco, promettendo anche un contatto diretto con i cittadini; ma intanto pensa che a sinistra il Carroccio ha già assorbito quello che poteva e, se vuole continuare l’espansione, deve strappare pezzi di elettorato al Pdl e costringerlo ad ammettere che il Nord è in larga misura leghista. Sta di fatto che il nodo politico cruciale nel prossimo futuro riguarda il ruolo della Lega, mentre l’attenzione generale è sviata (ci siamo caduti anche noi) a scrutare il rapporto più o meno conflittuale tra Berlusconi e Fini. Pertanto, come anche oggi scrive sul Sole 24 Ore il sempre attento Stefano Folli, i la vera domanda riguarda l’uso che Bossi vorrà fare della sua forza, se con uno strattone forte o in maniera più soft, per attuare il federalismo e, anche, ricucire il Paese. Certo preoccupante è per il Cavaliere è un’intervista al Corriere della sera, in cui, pochi giorni fa, il capo leghista ha usato toni rispettosi verso il Pd, definito un interlocutore serio. Il leghismo, scrive Gilberto Onesto su Il Giornale, “è come una droga: una volta provato non si possono votare altri partiti e si vive una continua crisi di astinenza”. Questo lo ha visto anche Berlusconi che ora sa che se vuole continuare almeno ad essere diarca e mirare ad essere presidente in una democrazia presidenziale futura, deve costruire riforme vere e non virtuali, mostrare risultati concreti forzando la riluttanza dei suoi alleati, cavalcare un forte identitarismo territoriale, risollevare i temi dell’autodeterminazione magari approfittando del 150° dell’unità ed insomma “istituzionalizzare” un modello nuovo fatto di vere idee e non solo di astute promesse. Insomma, se Bersani è così obnubilato dal risultato dal pensare che “non ha peso”, Berlusconi, grande vincitore, non vorrebbe che questa diventi una “vittoria di Pirro”.
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