Cinghiali, dov’è la caccia di protezione?


Ofena – Riceviamo: “Rifiuto totale della maggior parte delle squadre cinghialai ad effettuare la caccia di selezione, fino a quando non vengono esaminate le nostre richieste alla modifica del piano faunistico. Se ci ritroviamo i cinghiali in mezzo all’acqua del mare, la colpa non è dei cacciatori, ma di chi fino ad adesso ha impartito direttive e regolamenti con l’aiuto di animalisti compiacenti e zoologi pagati profumatamente dagli ATC, incolpano le squadre che cacciano secondo i metodi tramandati dai nostri avi. Non è la braccata che destruttura il branco, bensì la caccia di selezione arrecando ancor più danni all’agricoltura. Con l’erba alta non si individua facilmente l’animale da abbattere in particolare i rossi, ameno che con l’innovazione abbiano inventato le pallottole teleguidate oppure qualche nuova app., viene spontaneo sparare alle matriarche. Senza il capobranco, i piccoli rimangono nei paraggi e devastano le culture in atto. In alcune zone è diventato un vero e proprio commercio di carni di cinghiali con furgoni frigo che ritirano le carcasse. Questa non è la caccia, è una mattanza senza senso a discapito di tutti. Inoltre, l’autocertificazione proposta dalla federcaccia ed accettata dalla regione Abruzzo invece della taratura obbligatoria delle carabine è una soluzione che mette a rischio i cacciatori, in quanto basta che si cambia lotto o marca delle cartucce per ritrovarsi la carabina starata. Non ci dobbiamo dimenticare che si ha in mano un’arma di un tiro utile di 1500 metri: in caso di incidente pagherà i danni la stessa assicurazione che l’ha proposto? Non significa avere l’autocertificazione essere in regola e se risultasse starata l’arma dopo che verranno fatti gli accertamenti di rito l’autocertificazione non avrebbe nessun valore. Noi capisquadra cinghialai d’Abruzzo abbiamo la soluzione in mano per riportare alla normalità il numero di animali nel giro di pochi anni.


12 Maggio 2020

Categoria : Attualità
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