“Domani” cominciammo a precipitare
L’Aquila – (G.Col.) – Domani è il 30 marzo. Domani è un anno da quando cominciammo a precipitare nel baratro. Il 30 marzo 2009 nel pomeriggio, dopo una serie interminabile di sciami sismici che duravano dal 14 dicembre del 2008 ininterrottamente (centinaia di scosse avvertibili, migliaia rilevate solo dagli strumenti, ma non per questo inesistenti…), uno scossone di quasi 4 Richter terrorizzò la città e spinse migliaia di persone a commettere un errore: accalcarsi in piazza Duomo. Come sempre avviene nei terremoti aquilani, mancando totalmente un’educazione sismica e soprattutto mancando totalmente aree attrezzate in cui far confluire la popolazione in caso di emergenze.
La protezione civile locale era inesistente, come qualche mese dopo dirà l’assessore regionale al ramo, Daniela Stati. Il Comune, come conferma un’intervista a Roberto Riga che ancora potete leggere sul sito, balbettava le prime intenzioni: in realtà di protezione civile nessuno si era mai occupato. Nè l’amministrazione in carica nel 2009, la stessa di oggi, nè quelle precedenti. Eppure c’erano molti documenti, molte ricerche, molti buoni motivi per occuparsi di organizzare almeno delle aree di concentramento della popolazione. Come abbiamo documentato ieri, e come si vede su Facebook, Il Messaggero averva riportato nel 1997 – appena dopo il terremoto premonitore dell’Umbria – dichiarazioni di scienziati che dicevano: “Entro il 2010 ci sarà un forte terremoto appenninico”. C’è stato. E’ L’Aquila che non c’è più, invece.
Il 30 marzo, era stata programmata una riunione della Commissione grandi rischi, che ci fu, e non produsse risultati utili: non allarmatevi, non è detto che ci sia un terremoto forte, non possiamo escluderlo, però è probabile che l’energia si stia scaricando… Ora si indaga sulla Commissione grandi rischi ed entro due mesi la Procura assumerà delle decisioni.
Domani cominciammo a morire. Qualche giorno ancora, scosse dopo scosse, e giunse la sera della domenica delle palme: tre forti scosse prima della mezzanotte, e poi quelle delle 3,32 e delle ore seguenti. La fine. Morti, migliaia di feriti, e poi ancora morti a centinaia: quelli che non ce l’hanno fatta nel doposisma, quelli che senza il sisma sarebbero vissuti ancora. E un mare di macerie al posto del centro storico. Da allora ad oggi, in migliaia abitano sotto tetti, ma le case e i map non sono bastati. La zona franca non è arrivata. Il governo agì presto e bene, ma non per tutti e non in tutto. Diciamo che l’emergenza fu affrontata di petto e velocemente. Basterà riconoscere questo. (Nella foto Col: La commissione grandi rischi riunita a palazzo Silone il 30 marzo 2009, pomeriggio: ben riconoscibili Boschi e Barberi)
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