Alla grotta di San Franco di Assergi
di Giuseppe Lalli
L’Aquila – - Nel quadro dei festeggiamenti dell’Assunta, tre giorni dopo l’immancabile gita all’Acqua di San Franco, il 16 agosto 2019 si è svolta ad Assergi, come è tradizione da qualche anno a questa parte, un’escursione con meta la grotta di San Franco, il luogo dove, secondo la tradizione, il santo eremita del Gran Sasso trascorse i suoi ultimi quindici anni di vita e dove morì, la notte tra il 4 e il 5 giugno di un anno imprecisato tra il 1220 e il 1230. Si racconta che quella notte gli abitanti di Assergi furono svegliati dalle campane della chiesa, che suonarono a distesa, ad annunciare più una festa che una morte, mentre dalla grotta rifulgeva un grande straordinario chiarore. Non lontana dal tragitto c’è un’altra grotta legata alla memoria del santo, più piccola, e accessibile solo con l’aiuto di una corda assicurata ad un gancio fissato nella roccia: quella dei “Peschioli” , località non lontana dalla stazione intermedia della funivia che porta a Campo Imperatore.
Quest’anno la piccola comitiva, composta di assergesi sia residenti e non, si è arricchita della graditissima presenza di Nino Scipioni, nativo della vicina Camarda, noto e prestigioso imprenditore del capoluogo abruzzese ed infaticabile camminatore. Il gruppo, diretto dall’assergese Leandro Giannangeli, guida esperta e simpatica, ha preso le mosse dal piazzale della stazione della funivia del Gran Sasso. Il percorso, lungo ed impervio, ha messo a dura prova i polpacci, ma la fatica non ha spento il clima festoso dell’ascensione. Una breve sosta a metà cammino per un piccolo panino e un sorso d’acqua, e su…su fino all’affascinante spelonca, lunga e stretta, poco distante dai rilievi rocciosi di Pizzo Cefalone. La fatica è stata ripagata, lungo tutto il tragitto, da una vista mozzafiato. Poco sotto, un piccolo mare di verde, quello del bosco di “Macchia grande”; più in basso, dove la campagna si confonde con la valle, il borgo di Assergi, con le sue case in pendìo e le sue antiche mura di cinta da poco restaurate: uno spettacolo che lo sguardo accarezza a lungo, insieme al verde della ridente valle del Raiale, che da lassù appare ancor più dolce e piena di magìa. Viene da pensare che questi uomini di Dio erano anche dei grandi esteti.
Franco, nativo di Roio, monaco benedettino fin da giovane nel convento di Collimento di Lucoli, sentendo nel suo cuore una chiamata più radicale, assetato di solitudine, e rivestito del solo nudo Vangelo, non aveva esitato a prendere congedo dai suoi confratelli, e aveva girovagato a lungo nelle montagne circostanti prima di stabilirsi negli orridi e irraggiungibili anfratti del Gran Sasso. La mente stenta a credere, alle sole viste umane, come l’anacoreta abbia potuto vivere da solo in questa grotta angusta e umida, considerati i rigidi inverni delle nostre montagne. Forse un altro prodigio, in aggiunta ai tanti attribuiti al santo in vita e dopo la morte. E’ lecito ipotizzare, comunque, che l’eremita, di tanto in tanto, scendesse per ascoltare la messa, e accettasse volentieri, al ritorno, di dare consigli a chi gliene chiedesse: ai pastori, che volentieri avranno ricambiato con del buon pecorino o con un pezzo di carne appena arrostita; e ai suoi confratelli del convento di Assergi, che forse gli davano ricetto nei periodi invernali più rigidi.
Del resto, era destino dei solitari dello spirito – sarà così anche per Pietro Celestino – che più si ritraessero dalla vita associata e più la gente li cercasse. San Franco, come l’eremita del Morrone portatore sano di una lucida follia che quasi gli invidiamo, ha molto da dire a noi uomini moderni “equilibrati” ed insani, che spesso ci scopriamo soli e sperduti anche nelle piazze più affollate. In questi luoghi di silenzio, lontano dal fragore della quotidianità, l’anima è più disposta a cantare. Per pochi minuti ci siamo raccolti per recitare una preghiera molto bella (di seguito trascritta), riprodotta ed incorniciata in un rudimentale quadretto consunto dai venti e dalle piogge: parole inusitate, di un’altra grammatica, di un altro mondo. Poco dopo è iniziata la discesa, che ha richiesto pari impegno della salita, con la guida alpina a sorvegliare i passi di ciascuno, come fa un buon cane pastore abruzzese con le pecore che gli sono state affidate.
PREGHIERA A SAN FRANCO
O San Franco d’Assergi,
eroico eremita del Gran Sasso!
Tu lasciasti tutto nel modo,
per ritrovare tutto in Dio.
Ti allontanasti dagli uomini
per avvicinarti al Signore.
Rinunciasti alla terra
per acquistare il Cielo.
Sulle cime dei monti,
immensi altari della natura,
offristi al Creatore l’omaggio
della tua vita innocente
e penitente: pura come il cielo,
vergine come l’acqua che sgorgò,
per tua preghiera, dalla roccia;
dura come i denti del lupo
che ammansisti,
difficile come i dirupi impervi
che praticasti.
Oh, la bellezza della tua
vita solitaria, nascosta
con Cristo, in Dio.
O caro Santo, noi siamo ancora
troppo legati alla terra:
Ottienici dal Signore
il distacco dalle cose,
e avviaci per il sentiero
delle vette dello spirito:
Fa’ che non abbiamo paura
di salire.
Salire di virtù in virtù.
Dacci coraggio: tu fosti scalatore!
Tu sei una guida! Facci trovare
le fresche sorgenti della Grazia,
che sono i Sacramenti:
con Cristo nell’anima
raggiungeremo la meta del Cielo.
Verremo con te: vedremo il Signore:
godremo per sempre. Amen.
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