“L’Aquila, la mia città”


museo-raccomandati-cupola-07L’Aquila – La collega Angela Ciano ci invia un articolo, che, ci dice, ha scritto senza poter frenare le lacrime. Sarebbe stato difficile per chiunque farlo. Speriamo che arrivi anche il momento per stare meglio, seguendo un filo di speranza e di ottimismo che ci unisca al futuro.
“Torno a L’Aquila, nel cuore del suo centro storico a dieci giorni da quella maledetta notte del 6 aprile. Torno a passeggiare per il corso, attraverso i vicoli di cui conosco ogni pietra. E la ferita che si apre nell’anima è sempre più profonda. In Piazza Duomo non si sente più il vociare del mercato mattutino, al suo posto solo il rumore dei miei passi sulle macerie.
Nelle viuzze più nascoste non odo più i rumori e i profumi della vita quotidiana, al loro posto solo silenzio e odore di morte. Percorro via Roio, ovunque macerie. Palazzo Persichetti sede per tanti anni di Teleabruzzo dove ho lavorato fino al 2006,mi appare come una sorta di quinta triste e dolorosa, ultimo atto del dramma di una città fantasma. Mi fermo a cercare ancora una volta il profumo delle pietanze squisite che all’ora di pranzo arrivava dalla signora al piano di sopra. Non c’è più nulla. Veramente L’Aquila è una città spettrale. Eppure in quel poco che è rimasto colgo ancora la sua bellezza. E’ ancora bello il panorama che si scorge dall’inizio di Via Sassa, è ancora bella l’infilata dei portici che termina con lo scorcio della Fontana Luminosa. E’ ancora maestosa la cattedrale di San Bernardino con la sua imponente facciata. Sta ancora lì il Forte Spagnolo con la sua cornice di alberi e verde. E’ ancora suggestiva la Basilica di Santa Maria di Collemaggio. Le sue ferite sono diventate il simbolo del dolore di un’intera comunità che dopo aver pianto i suoi morti, ora piange la sua storia e le sue radici. Una comunità che ora tenta di esorcizzare la paura. Per iniziare a ricostruire.
Ricostruire le case, le scuole, gli edifici pubblici, i monumenti; ma soprattutto ricostruire la sua identità, la sua quotidianità. Tornerà a risplendere la città dell’Aquila, lo ha già fatto per tante volte. Anche dopo quel terremoto terribile del 2 febbraio 1703 che rase al suolo la città. Proprio come quello altrettanto terribile del 6 aprile 2009. Saranno ricostruiti i suoi monumenti più belli e L’Aquila potrà di nuovo meravigliare quei turisti che la scoprono alla ricerca di un’Italia “minore” ma altrettanto suggestiva di quella più conosciuta. Non sarà più la stessa città che noi aquilani abbiamo conosciuto ed imparato ad amare. So già che mi mancherà l’emozione della scoperta quotidiana di una pietra scolpita, di un particolare, di una decorazione mai notata. Sono questi, i tratti secondari ma pur sempre belli, le cose che sono scomparse per sempre. Non scomparirà L’Aquila, la città risorgerà con la speranza che la tragedia che l’ha ferita possa diventare una nuova era anche per il suo popolo. Per questo dobbiamo ricostruirla iniziando da noi stessi perché è ancora blu, di un blu che solo la mia città mi ha sempre regalato, il cielo dell’Aquila”. (Angela Ciano)


26 Aprile 2009

Categoria : Cultura
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