Traforo, la politica dà il peggio di sè
L’Aquila – Sul rischio chiusura del traforo del Gran Sasso la politica ha dato nelle ultime ore il peggio di sé, mentre a Roma va avanti l’incontro che dovrebbe essere decisivo al Ministero delle infrastrutture. Decisivo come la logica voleva: un accordo e la chiusura quanto meno rinviata o addirittura rimangiata. Intanto il consiglio regionale perde ore e sciorina un profluvio alluvionale di parole, finendo con il chiedere quello che doveva chiedere da tempo: niente chiusura. Con un robusto appoggio di sindaci infuriati e accaniti contro Strada dei parchi, che avrebbe fatto degli abruzzesi “scudo umano”. Parole grosse. Il presidente della giunta Marsilio sarebbe incline ad assumere il ruolo dei commissario del Gran Sasso, e parecchi pensano che sia una soluzione utile a tutti.
Dietro questo teatrino di dichiarazioni, tuoni e fulmini, con le solite passerelle di politici in credito di medagliette, una situazione grave, seria, ancora del tutto incombente (quanto ci vorrà per trovare i soli, progettare ed eseguire lavori di sicurezza non lo sa nessuno) che si doveva e poteva affrontare mesi fa. Almeno quando ai primi di aprile Strada dei parchi cominciò ad alzare le mani per mettersi al sicuro. Non dall’inquinamento delle acque, ma dall’inchiesta giudiziaria di Teramo.
Se la politica non fosse quella sceneggiata – peggiorata con i gialli e i verdi – che è sempre stata.
Ora si attendono note ufficiali da Roma, che vi risparmieremo, con ostentazione di glorie e genialità risolutive. Ci diranno, si presume, che il traforo non si chiude. Ma che meraviglia. Immaginate se davvero lo avessero sbarrato, cosa sarebbe successo… Una cazzata che neppure un governo italiano avrebbe potuto permettersi senza finire in pezzi.
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