1970, quando l’acqua del traforo fece paura
L’Aquila – Il 21 settembre 1970 le trivelle che perforavano da tempo il Gran Sasso per la costruzione del traforo intercettarono una immensa falda d’acqua di età geologica. Dal cantiere del tunnel verso versante aquilano fuoriuscì una immensa quantità d’acqua azzurrina, in un giorno di autentica paura per tutti. L’acqua finì in fiumi e torrenti, fino al fiume Aterno. Chi scrive lavorava anche per radio Rai ed ebbe il compito di riferire tutto in una notizia di poche righe, che doveva raccontare tutto ma non allarmare nessuno. Un lavoro da far sudare sette camicie, in un momento difficile della vita privata.
Fu un giorno da ricordare per diversi motivi, e lo ricordiamo. Poche altre volte svolgere il lavoro giornalistico fu altrettanto – diciamo – impegnativo. Ma ci riuscimmo.
La paura era dovuta all’impossibilità di prevedere cosa sarebbe potuto accadere. Anche qualcosa di apocalittico. Non esistevano protezione civile e altre istituzioni, solo fonti reticenti ed elusive. Come sempre, chi doveva assumere responsabilità sull’informazione corretta ma precisa, evitava di farlo.
In seguito l’acqua del Gran Sasso fu utilizzata sia per L’Aquila che per Teramo. La falda pian piano si svuotò senza provocare catastrofi, ma quel giorno chi poteva saperlo?
Era evidente che i lavori erano andati avanti senza la minima consapevolezza della posizione e della portata delle immense falde acquifere sotterranee. Tanto è che lo scavo ne prese in pieno una. Oggi, che siamo alla vigilia della annunciata chiusura del traforo (il 19 maggio) è evidente che i problemi idrici e geologici non sono risolti. Un groviglio di inchieste rende davvero difficile la situazione. Strada dei Parchi non trova altro da fare che chiudere. Una decisione che qualcuno trova persino comprensibile. Occorrono lavori imponenti per rendere sicuro il doppio tunnel, sotto il profilo dell’inquinamento. Altri parlano di possibile chiusura degli acquedotti. Problemi da risolvere in pochi giorni. Ce n’è abbastanza per essere pessimisti. Con l’aria politica che tira, , inoltre, è quanto meno arduo sperare nel meglio. Ma sperare è la sola cosa sensata.
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