“L’Aquila grandi speranze”: il 16 aprile la serie tv dedicata al dramma spesso incompreso degli aquilani
L’Aquila – (a cura di Flavio Colacito). Il 16 aprile debutterà la serie televisiva Rai1 “L’Aquila grandi speranze”, incentrata sugli anni bui della ricostruzione e sulla difficile vita dei suoi abitanti impegnati ad elaborare ciascuno il proprio dolore, il rapporto con gli altri, le speranze di uscire fuori dal tunnel. La storia si ambienta in un luogo non-luogo, nel centro dell’Italia, tra le macerie di una città distrutta e dalle caratteristische sociali stravolte e mutate. E’ questo il capoluogo d’Abruzzo dopo il sisma. La vicenda inizia nel 2010, quando gli aquilani tentano di dire la loro offrendo senso concreto alle loro intenzioni, chiedendo al Governo di essere ascoltati, in cerca di certezze, facendolo con il contributo personale di ciascuno. Il regista Marco Risi racconta tutto questo tra fiction e cronaca con la dovizia di un documentario, mettendo al centro delle vicende un gruppo di ragazzi intenzionato a ricominciare partendo dal nulla, simbolicamente rappresentato dalla famosa e tristemente nota “zona rossa” che diventa l’emblema della riconquista e del riscatto, quasi una sfida. Fanno parte del cast, oltre ai giovani protagonisti, attori molto noti come Giorgio Tirabassi, Donatella Finocchiaro, Valentina Lodovini, Luca Barbareschi, Francesca Inaudi, Enrico Ianniello e Carlotta Natoli. Questa serie offre una duplice possibilità di lettura, quella di raccontare una tragedia che non riguarda solo L’Aquila, ma l’Italia intera, colpita da sismi e catastrofi negli ultimi anni, quella dell’approfondimento su un evento che gli italiani in tanti non hanno compreso per portata e danni psicologici, economici e sociali ancora presenti a 10 anni dall’accaduto, complice una tendenza a banalizzare il fenomeno del post-sisma, con i suoi traumi e lutti interiori, spesso reso poco chiaro da una cattiva informazione e da una mancanza totale di interventi a sostegno della tanto decantata ricostruzione sociale mai avvenuta, per cui l’opera di Risi è dedicata alla città che vuol rinascere dalle ceneri attraverso lo squardo di chi, come solo un giovane può essere, è proiettato verso il futuro.
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