Politica, la schiusa di un nuovo Abruzzo
L’Aquila – L’Abruzzo politicamente somiglia, in queste settimane, ad un pulcino che spunta da una schiusa di uova. Qualcuno preferirebbe paragonare l’evento alla schiusa di un uovo di altri animaletti, ma preferiamo il pulcino: bisognerà pur metterci un po’ di buona volontà conciliante, in questi difficili momenti storici.
Dall’uovo viene fuori un altro capitolo politico, con una Lega dominante, tracimante, che si accinge a papparsi anche il sindaco di Pescara. E se troverà un candidato adeguato, se lo inghiottirà alla grande.
La sinistra potrebbe giovarsi ancora di un nome di prestigio, Marco Alessandrini, ma come sempre pare più incline a litigare che a ragionare.
In Regione, pare fatto l’accordo sulle spartizioni delle poltrone, con ampi spazi alla Lega, a Fratelli d’Italia (che conta il presidente Marsilio), e corda a Forza Italia, che non si accontenta e ne pretende molta di più.
Agli altri nulla o quasi, con buona pace delle regole secondo le quali si riserva ossigeno anche alle opposizioni. E nel nostro caso, anche ad una forza non vincente ma di peso, come il centro sinistra.
La schiusa dell’uovo è meno significativa nei comuni e nelle province. In queste ultime si vota, meno che in quella dell’Aquila. Grandi svolte e novità nessuno se le aspetta. Nel comune di Chieti sono ancora impegnati a far quadrare un bilancio che pare una mongolfiera sforacchiata. A Sulmona vivono sull’orlo della crisi permante, come se la città potesse permettersela. A L’Aquila la guerra di palazzo pare a tempo indeterminato, tra mattanze di assessore (donne), congiure vere o inventate, schiamazzi soffocati e improduttive bordate di un’opposizione del tutto inefficace. Se non inesistente. La vita del primo sindaco importante di FdI è precaria e difficile.
Se più o meno appare tanto precaria la politica minore, è schiusa promettente quella regionale. Siamo costretti aa sperare, da abruzzesi e nel nostro interesse. Il futuro è colorato di leghismo? Se così sarà , sarà stato il popolo a sceglierlo. O meglio, quella metà del popolo elettore che ha piegato la scheda e l’ha infilata nell’urna.
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