Aperture domenicali, Conflavoro Pmi in audizione alla Camera
Il presidente Capobianco chiede alla X commissione Attività produttive un taglio mirato del costo del lavoro, la lotta alla concorrenza sleale e la normazione del l’E-commerce
Non solo gli imprenditori, ma nemmeno i lavoratori e i consumatori vogliono la chiusura domenicale dei negozi. La soluzione allora è detassare il costo del lavoro per garantire una retribuzione maggiore alle persone che decidono di lavorare la domenica e i giorni festivi, aiutando così la crescita della società. E’ questa la proposta dell’associazione delle piccole e medie imprese Conflavoro Pmi, audita oggi (1 ottobre) dalla X commissione Attività produttive della Camera dei deputati, in merito alla disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali. La delegazione era guidata dal presidente di Conflavoro Pmi Roberto Capobianco e numerose sono state le domande poste dai parlamentari, interessati ad approfondire l’idea.
Ma come agire? Conflavoro Pmi ipotizza per le imprese un piano di sgravi a scaglioni progressivi basato sul numero degli occupati: più piccola è l’azienda e maggiore è la detassazione. Così vi sarebbe un riequilibrio del mercato e dunque maggiore concorrenza coi grandi gruppi, che sarebbero a loro volta incentivati. “Non è imponendo la chiusura delle attività commerciali – avverte Capobianco – che ridiamo dignità ai lavoratori. Conflavoro Pmi è assolutamente contraria: sarebbe un passo indietro molto pericoloso per l’economia dei vari territori e poi si creerebbero forti contenziosi, ad esempio tra le attività di due zone limitrofe qualora una fosse considerata turistica, quindi derogata, e l’altra no. Sarebbe concorrenza sleale proprio come accade già con l’E-commerce, altro capitolo questo da normare assolutamente, specie dal punto di vista fiscale, così da equipararlo al commercio tradizionale”.
Per Conflavoro Pmi, in sostanza, non è cancellando tout court le liberalizzazioni figlie del decreto ‘Salva Italia’ del 2011 che il lavoratore viene tutelato. “In pochi anni è cambiato tutto – afferma Capobianco – e oggi viviamo in un mondo completamente diverso. Vero è che il ‘Salva Italia’ questa Italia non l’’ha salvata, anzi. Ma ribadiamo che imporre la chiusura per legge alle attività commerciali, oltre a essere un diniego del tempo in cui viviamo, non risolve alcun problema né garantisce maggiori diritti ai lavoratori”.
Conflavoro Pmi considera lavoratore e imprenditore parte dello stesso meccanismo, l’uno indispensabile all’altro. Per questo motivo ritiene preminente e improrogabile un’azione incisiva di governo e parlamento sulle tre principali cause di morte delle imprese italiane. Ovverosia la pressione fiscale altissima, l’eccessiva burocrazia che genera fallimenti, corruzione e concorrenza sleale e, infine, il costo del lavoro elevatissimo, tra i più alti in Europa.
“Basta – conclude Capobianco – non giriamoci intorno. Le questioni da risolvere per iniziare a ridare dignità al Paese sono queste e dovremmo concordare tutti quanti. Se si riuscisse, o se si volesse, davvero debellare queste tre malattie, allora l’economia italiana sarebbe tra le più invidiate al mondo. E restare aperti o chiusi la domenica e nei giorni festivi sarebbe visto per quello che è: un falso problema, il minore dei mali”.
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