Il 28 presentazione del libro di Giustizieri
SULLA SCRITTRICE LAUDOMIA BONANNI -
L’Aquila – (di Maria Rosaria La Morgia) – Venerdì 28 settembre, ore 17, presso Auditorium “E. Sericchi” – BPER, Via Pescara 2, L’Aquila, verrà presentato il nuovo libro di Gianfranco Giustizieri Antologia sommersa sulla scrittrice aquilana Laudomia Bonanni.
L’autore, in questo ultimo lavoro, apre l’ampio capitolo del binomio scrittore/giornalista nel quale la scrittrice abruzzese è collocata e rivela la scrittura meno conosciuta dell’articolista di terza pagina nei quotidiani più diffusi in Italia e dell’autrice di racconti nelle riviste letterarie più prestigiose.
Sono 1232 titoli emersi, tra un intreccio continuo di sviluppo creativo e realtà fisiche, rintracciati nella stampa italiana e oggetto di un itinerario riflessivo secondo le tematiche raccolte in oltre quaranta anni di scrittura.
Il libro verrà presentato dalla giornalista Maria Rosaria La Morgia e dallo scrittore Renato Minore con letture di Eva Martelli e intermezzi musicali del Porta Napoli Ensemble. Conduzione di Walter Capezzali. Interverranno Raffaele Marola, Presidente Premio L’Aquila – BPER e Stefania Pezzopane, Presidente di Giuria del Premio stesso.
Qui di seguito si riporta, per chi abbia interesse, la Prefazione al volume di Maria Rosaria La Morgia.
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Il ‘900 di Laudomia
Era il maggio del 1948 quando “gli Amici della Domenica”, riuniti in casa Bellonci a Roma, scelsero una sconosciuta scrittrice aquilana, Laudomia Bonanni, come vincitrice di un nuovo premio letterario. A farla prevalere su altri autori furono due racconti raccolti sotto il titolo “Il Fosso”. E il fosso non era solo l’orto immondezzaio coltivato dalla poverissima Colomba protagonista del primo racconto ma anche la metafora della vita dove “non si entra: si cade” ricorda Pietro Zullino, giornalista e scrittore, amico e artefice della riscoperta della scrittrice aquilana dopo la sua morte, mettendo in relazione il fosso, dal quale è possibile risalire, con il muro di Sartre in un saggio dedicato alla filosofia bonanniana. Il 1948 è anche l’anno nel quale Natalia Ginzburg scrisse un articolo dove parlava della “cattiva abitudine” delle donne di cascare ogni tanto in un pozzo, “di affogarci dentro di annaspare per tornare a galla”.
Parole che provocarono la risposta di un’altra grande scrittrice, Alba de Céspedes, che nella caduta non vedeva una debolezza ma la capacità di entrare in contatto con la debolezza, la melanconia, i sogni per trarne forza. E sembra di intravedere quello che accade a un altro personaggio bonanniano, la partigiana Rossa, nel romanzo pubblicato postumo La Rappresaglia: “Domani sarà finito tutto per me. Per me sola. Quando appena cominciava. Proprio adesso che stare al mondo mi piaceva. Mi stava piacendo enormemente, con passione, ti dico. Ero uscita dal fosso e so che tutti possono uscirne e volevo aiutare tutti a uscirne.” Colpisce l’assonanza di pensieri con Laudomia che conobbe e fu amica di Alba de Céspedes tanto da ospitarla a L’Aquila come testimoniano alcune lettere. Probabilmente nel 1948 non si conoscevano: Laudomia aveva 41 anni ed era estranea al mondo letterario pur avendo esordito giovanissima, nel 1927, con un volumetto di novelle.
Insegnante elementare e consulente presso il Tribunale Minorile dell’Aquila, scriveva moltissimo: racconti e articoli per giornali. Lo aveva fatto negli anni del fascismo, al quale aderì convintamente, lo fece dopo quando ne prese le distanze. Rileggendo le diverse stagioni della sua lunga e intensa vita nelle cronache, negli elzeviri che ci ha lasciato possiamo meglio capire la donna e la scrittrice. A frugare nel baule della memoria è stato ancora una volta Gianfranco Giustizieri, che dopo numerosi saggi dedicati a Laudomia Bonanni ha deciso di affrontare un lavoro non facile di catalogazione e rilettura che ha racchiuso in Antologia Sommersa, aggiungendo un sottotitolo: emozioni, appunti, note, sottolineature, scoperte, interviste, elzeviri e racconti con Laudomia Bonanni e inventariazione di 1232 collaborazioni su giornali e riviste. Il prologo dà conto dell’incontro tra la scrittrice e lo studioso: “nessuna reale fisicità per una concreta conoscenza, nessuna stretta di mano”. Tutto iniziò nel 1975 tra le pagine di un libro, L’ Imputata, prima lettura bonanniana, per arrivare a conclusione tra i fogli, centinaia, di diversi giornali. Prima di analizzarli e riproporli Giustizieri ripercorre la vita della scrittrice aggiungendo e riapprofondendo alcuni momenti dei quali aveva già parlato nei precedenti saggi scritti dopo la morte di Laudomia a Roma, nel 2002: “morì dimenticata e solissima, anche se fino alla fine solida e serena” scrisse Sandra Petrignani, autrice di una bellissima intervista pubblicata nel libro Le signore della scrittura.
“Corriere d’Abruzzo” e “Il Popolo d’Abruzzo” sono i primi giornali sui quali appare il nome di Laudomia Bonanni – Caione che ben presto cominciò a firmare articoli anche sulla stampa nazionale. Dopo la seconda guerra mondiale e a partire dal 1948 cresce il numero delle collaborazioni, ma è “Il Giornale d’ Italia” a raccogliere il maggior numero di elzeviri. I temi sono diversi: molti nascono dall’esperienza di insegnante e di esperta del Tribunale dei minori, altri riguardano la guerra e le macerie morali e materiali lasciate nei paesi. Come nota Gianfranco Giustizieri: “Nel complesso sistema di scrittura breve non segnato da nessuna linea di demarcazione in cui gli elzeviri s’intrecciano secondo l’ispirazione, il raccordo con la memoria, i personaggi conosciuti, l’anticipo di libri e il loro seguito, la scuola, i tribunali dei minori, l’affermazione della donna, la guerra, le riflessioni sulla società e i costumi, non potevano mancare i luoghi”. Nel suo taccuino di viaggio troviamo non solo L’Aquila delle radici, l’Abruzzo della costa o la Roma che l’ha accolta. C’è Milano che oscilla “con tanta commovente baldanza fra il materiale e lo spirituale”, la città che “s’illumina da terra, perché le pietre del lastricato, sotto l’acqua – e alla fine ci si accorge – si fanno rosse e gialle con vivo caldo splendore”. Ci sono la Sicilia e la Calabria, l’Emilia e la Toscana, fuori confine c’è l’amata Parigi.
Sorprendente è l’intervista a Giorgio La Pira che conclude una trilogia di articoli dedicati alla Firenze amministrata dal sindaco ex deputato dell’Assemblea Costituente, uomo dalla forte spiritualità: “Non soppesa, non ha esitazioni, sa benissimo ciò che vuole e lo dice di colpo. Per poi allargare il discorso, al suo modo irriproducibile, esortando infine alla preghiera, quasi un invito a tornare all’unica lingua comune, in cui ci si possa finalmente intendere appieno”, poi la domanda non premeditata e presa alla lontana: “Perché non s’è fatto prete?” e la considerazione di aver durante il colloquio cercato di cogliere il personaggio nella sua “singolare personalità umana” che è poi ciò che sta a cuore a Laudomia acuta osservatrice della realtà e dei suoi cambiamenti. Eccola, alla fine della sua collaborazione con Il Giornale d’Italia, scrivere di Roma nel luglio del 1976 dopo aver incontrato tre turisti americani, un po’ ebbri, in carrozzella: “Non è la prima volta – ma mai con tanta vivezza: complice la notte – che ci capita di fantasticare sulla Roma di secoli e millenni addietro. Lastricata e acciottolata”.
Dai rumori immaginati a quelli reali e la presa d’atto di un tempo nuovo che, scrive, qualcuno definisce nuovo Medioevo: “Dunque aria ammorbata, scarichi tossici nelle acque, cibi con veleni di concimazione, e di conservazione, Aggiungervi che a un certo punto ve ne sarà penuria. Che mancherà – preconizzano – l’acqua e l’elettricità, che si esauriranno le riserve del sottosuolo, le scorte di materie prime” per arrivare alla conclusione che “Sicché avremo un fatal duemila fasullo come il risibile anno Mille. E perdureremo, è pacifico, negli errori. Ma anche, ancora a lungo nell’esistenza. La cara vita. Tanto vero che ciascun essere umano, in fondo, non crede neppure alla propria fine.” Tra la fine degli anni ’70 e i primi ’80 collabora anche con “Il Gazzettino” di Venezia dove prevale la tematica ecologica affrontata pure in altri quotidiani: il cemento che avanza, il verde che scompare, “questo popolatissimo nostro mondo che scansa, respinge la natura per farsi posto. Un posto raramente al sole” (Gli orti manomessi, Il Gazzettino, 21 settembre 1974).
Prima di chiudere, nel 1984, con il mondo dell’editoria e con la società letteraria Laudomia Bonanni scrive ancora alcuni elzeviri, per lo più si tratta di articoli già apparsi negli anni precedenti: “cambiano i titoli, ma il contenuto rimane” nota Giustizieri arrivato alla fine del suo viaggio tra le carte nascoste in un baule metaforico nel quale ha frugato con tenacia e tenerezza. La precisione dei dettagli in Antologia sommersa lontana resta lontana dall’analisi erudita, piuttosto rappresenta l’indicazione affettuosa di un percorso di lettura o rilettura di una scrittrice che raccontando il suo tempo parla anche al nostro.
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