Le interviste – Tordera:”Senza strategie, neppure la zona franca potrà aiutarci”


L’Aquila – Il ruolo di una banca è essenziale per la rinascita della città e della parte della provincia colpita dal sisma. Si rinasce, infatti, con i soldi prima ancora che con badili e ruspe. Abbiamo chiesto al direttore della Carispaq, Rinaldo Tordera, quanto scotta la sua poltrona, cosa fa la banca per la gente, se crede nella zona franca: ecco le sue risposte. Distincantate, come si conviene ad un banchiere, ma logiche e propositive sul piano concreto.

—-150 anni di storia di Carispaq, e il 2009 come anno peggiore, almeno per noi …. viventi.
-Per celebrare la ricorrenza dei 150 anni la Cassa ha pubblicato un volume che ne ripercorre la storia dalla fondazione. La storia di una azienda che ha contribuito fortemente allo sviluppo della provincia dell’Aquila esercitando la sua funzione tradizionale di intermediazione del risparmio dalle famiglie alle forze dell’economia. Ma non solo. Assumendo anche un ruolo nel governo del territorio, cito gli autori, per il “particolare vincolo che lega la Cassa alla città e che impone all’istituto di essere presente nei momenti di difficoltà”.
Nel leggere le pagine del libro, soprattutto quelle che narrano delle origini e delle vicende più antiche della banca, alla luce della esperienza dura e difficile che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo, ci si rende conto che di anni “peggiori” ce ne sono stati tanti. Quelli del terremoto del 1915 insieme alla guerra, della crisi del 29… Da quelle pagine emerge anche, però, che la banca è sempre riuscita ad affrontarli e superarli. Il filo conduttore di questa sua forza è rappresentato, come se il tempo non fosse mai passato, proprio dal forte legame con il suo territorio e, insieme, dalla capacità di andare oltre i suoi confini. Allo stesso modo, è sempre riuscita ad affrontarli e superarli la città.

La sua è una poltrona che scotta, con quel che accade tra furboni e affaristi senza scrupoli?
-Ferruccio De Bortoli, alla presentazione del libro sulla storia della Cassa, ha parlato dello “spirito dell’Aquila” come “spirito fondativo” per l’Italia che ha sperimentato nuovamente l’unità nazionale come componente fondamentale della sua identità. Lo “spirito dell’Aquila” ha agito anche all’Aquila, almeno nei primi mesi del dopo terremoto, manifestandosi in un fermento di attività tutte tese a fare sì che le macerie non seppellissero economia e società civile. Un fermento che ha permesso anche di superare le divisioni, ora riemerse, e di prendere coscienza dei propri limiti, accettando l’aiuto di chi potesse consentire di aiutarci a superarli.
Per scendere nel concreto del mondo imprenditoriale, è apparso subito a tutti chiaro che le imprese locali non disponevano della struttura organizzativa e finanziaria adeguata a sostenere le dimensioni dell’emergenza e della ricostruzione, a meno di impiegare decenni, non uno, per dare risposte.
L’alleanza con imprese di ben altra dimensione, capacità produttiva, competenze specifiche e dotazione di capitale è apparsa alle nostre stesse imprese come la via “concreta” per partecipare alla ricostruzione, senza rischiare di “saltare” per le penali da inadempienza contrattuale (rischio reale nei lavori per l’emergenza) o per crisi finanziaria in caso di rallentamento dei flussi di pagamento dei contributi statali per la ricostruzione.
Si è aperto uno spazio che la banca, con quello spirito che ho premesso, ha deciso di percorrere e continuerà a percorrere, al fine di contribuire a creare le sinergie capaci di mobilitare quelle risorse economiche e finanziarie senza le quali non appare possibile qualunque progetto di ricostruzione e, aggiungo, di sviluppo.
L’agire economico ha una sua razionalità, le sue regole, non può prescindere – a meno di fare della ideologia o del falso moralismo – dalla ricerca della propria utilità. Questo è vero per tutti, privati e imprese. E tutti cercano di “promuovere” se stessi sul mercato. Questo deve essere fatto nella trasparenza e nella correttezza, come noi lo abbiamo fatto.

Come aiutate, se lo fate, i terremotati? Quanti ne avete aiutati? Alla fine una banca non può certo rimetterci….
-Li abbiamo aiutati nell’affrontare l’emergenza mettendo a disposizione 50 milioni di euro per l’acquisto di auto, camper, casette in legno, spese di sistemazione della prima abitazione, per il finanziamento degli interventi volti alla ricostituzione del magazzino oppure all’acquisto delle attrezzature necessarie per la ripresa dell’attività a un tasso del 3%.
Abbiamo anche dato la possibilità di consolidare, totalmente o parzialmente, le esposizioni di conto corrente senza paritetico abbattimento delle linee di affidamento di cui la clientela già godeva prima del sisma per consentire la ripresa dell’attività ed il ripristino della normale elasticità dell’utilizzo di conto corrente che, a seguito delle problematiche determinate dal terremoto, poteva essere stata compromessa.
Li abbiamo aiutati pagando tassi sui conti correnti ben più alti di quelli coerenti con i tassi di mercato e della Banca Centrale Europea, perché eravamo consapevoli che i nostri clienti non erano nelle condizioni oggettive di seguire i loro investimenti finanziari, non stavano certo a pensare di ricomprare le obbligazioni nel frattempo scadute o i Bot anziché lasciare i soldi sui conti.
Abbiamo attivato uno sportello mobile, allestito in un automezzo particolarmente attrezzato per poter operare in condizioni di emergenza, itinerante per i Comuni della costa adriatica.
Sono costi che la banca ha sostenuto o, che è lo stesso, ricavi a cui ha rinunciato. Per una scelta consapevole, comunque compatibile con il dovere di mantenere la sua capacità di generare reddito non per gli azionisti, come sempre si dice, ma per i suoi stessi clienti, in primo luogo quelli che ripongono in essa fiducia affidandogli i risparmi di una vita.

Quali sono i rapporti con le istituzioni locali e nazionali: strada in salita o in discesa?
-Le rispondo partendo da un esempio. L’Auditorium da 200 posti situato all’interno del Centro Direzionale “Strinella 88”, perfettamente integro, ha accolto già dalla prima settimana del sisma consigli comunali, riunioni della Protezione Civile, assemblee dei comitati cittadini e convegni per la ricostruzione, conferenze stampa, riunioni delle associazioni di categoria e degli ordini professionali ed è diventato il luogo privilegiato di incontro e di confronto della società civile impegnata ad affrontare e risolvere i tanti e difficili problemi dell’emergenza e della ricostruzione. Una società civile che sente sempre più il bisogno di trovare punti di riferimento credibili intorno ai quali ricostituire i percorsi della propria identità e porre le basi del proprio futuro.
In quello stesso Auditorium è stato ospitato il Governatore Draghi, venuto all’Aquila per la presentazione del rapporto annuale della Banca d’Italia sullo stato dell’economia regionale.
La banca è stata chiamata in tutti i tavoli istituzionali costituitisi in questi mesi per affrontare l’emergenza e avviare la ricostruzione, non solo per la sua funzione imprenditoriale, ma anche perché le è riconosciuto da tutti un ruolo proattivo nella definizione delle strategie per la città del “dopo terremoto”.

Si può quantificare il danno subito dalla città e dal circondario? O se preferisce, ce la faremo con la zona franca?
-Le quantificazioni le lascio agli specialisti del settore. La zona franca potrà dare un forte contributo alla ripresa economica e allo sviluppo, ma perché ciò possa avvenire è fondamentale avere una strategia della futura città e del futuro territorio, che ponga la centralità di uno sviluppo economico orientato alla risoluzione dei tradizionali ritardi e alla ricerca del superamento dello svantaggio competitivo con altre economie locali più avanzate.
E’ necessario individuare i fattori critici di successo propri di queste aree e indirizzare opportunamente gli interventi legislativi e finanziari atti a sostenerli. Tra essi, il primo è il riconoscimento del ruolo dell’imprenditoria della provincia aquilana, endogena ed esogena, nel sistema della competitività regionale degli anni 10 e 20 del nostro secolo. Non minore importanza assume la governance della fase di ricostruzione, che non potrà non essere decentrata ma alla quale non dovrà mancare la capacità della Regione e dello Stato, nei casi di inadempienza degli enti locali e dei privati, di intervenire e sostituirsi ad essi.
(Nelle foto: Tordera con il giornalista De Bortoli)


10 Marzo 2010

Categoria : Le Interviste
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