Marchionne, da Chieti ai vertici del potere industriale
Sergio Marchionne lascia anzitempo la Fiat, ormai divenuta una potente multinazionale. Si può dire senza esagerare: figlio di un maresciallo dei carabinieri, da Chieti, la sua città , ai vertici del potere industriale non soltanto italiano. E anche al salvataggio della Fiat, piaccia o non piaccia ai suoi detrattori. Oggi a Torino si stanno prendendo grandi decisioni, dalle quali pare di poter leggere che il manager abruzzese si fa da parte, o viene messo da parete, pare per motivi di salute.
Comunque stiano le cose, e quale che sia il giudizio politico o sindacale sull’uomo di Chieti, è sicuro che si è trattato del maggiore manager italiano degli anni Duemila. Un orgoglio e un vanto per l’Abruzzo, al quale Marchionne non si manifestava molto legato, tranne forse che nell’apprezzamento per la grande azienda Sevel di Atessa.
Il manager residente in Canada fu generoso e schivo ai tempi del terremoto aquilano, dando prova di concreta e non sbandierata partecipazione. Schivo e di poche parole, del resto, è sempre stato anche a livelli ben più elevati. Oggi la figura del manager pare sbiadirsi prima delle date fissate: avrebbe lasciato comunque ai primi del prossimo anno. La storia italiana in gran parte gli appartiene nel difficile mondo degli affari e dell’industria. Stia bene, mister Marchionne. Le auguriamo ancora molte passeggiate sui suoi e nostri gioielli sotto il simbolo del cavallino rampate e della ex Fiat, che per noi resterà sempre Fiat. FCA è meno digeribile…
Non c'è ancora nessun commento.