Ecco il saluto di Molinari al Comune
L’Aquila – Ecco il testo integrale del saluto dell’arcivescovo Molinari al consiglio comunale:
“1. Un caro saluto e un grazie al Sindaco della città de L’Aquila, Dott. Massimo Cialente, al Presidente del Consiglio Comunale Avv. Carlo Benedetti e a tutto il Consiglio ( e….naturalmente agli Assessori e a tutti!) perché avete accolto la richiesta mia e di Mons. D’Ercole, Vescovo Ausiliare, affinchè si potesse realizzare questo incontro.
Un saluto ai nostri Sacerdoti, ai Religiosi e alle religiose presenti.
Un saluto e un grazie anche a tutti gli uomini e le donne che fanno parte dell’organizzazione del nostro Comune dell’Aquila. Un particolare augurio alle donne, oggi 8 marzo, Festa della Donna!
2. Permettete che inizi con una rievocazione, che ci offrirà spunti di riflessione per questo nostro incontro. Qualche giorno fa (e precisamente il 27 febbraio) ricorreva il cinquantesimo anniversario della morte di Adriano Olivetti, industriale di Ivrea, cattolico e fondatore del personalismo e di una rinnovata politica.
Quando Olivetti morì (cinquant’anni fa) era proprietario di una impresa multinazionale con stabilimenti, oltre che in Italia, a San Paolo (Brasile), Joannesburg, Barcellona, Glasgow e Buenos Aires. Fabbriacava macchine per scrivere. Macchine belle frutto di raffinato design. Era cattolico convinto. Anche se solo nel 1949 passò definitivamente dalla religione protestante a quella cattolica, dopo la morte della madre, valdese, avvenuta nel 1944. Dopo la scomparsa della mamma “venne a cessare la ragione sentimentale – confidava lo stesso Olivetti – che mi tratteneva dall’entrare nella Chiesa che da un punto di vista teologico era nella mia coscienza certamente l’unica universale e quindi eterna: la Chiesa Cattolica” (Avvenire, Davide Cadeddu: Adriano Olivetti- Le utopie al potere, 25 febbraio 2010).
“Era solito ricordare a se stesso, e talvolta anche ai suoi operai «cercate prima il Regno e la giustizia di Dio e tutte le cose vi saranno sopraggiunte». Cattolico inviso a molti cattolici, per alcuni suoi retaggi protestanti, marxista dileggiato dai comunisti, socialista ma liberale, elitista e democratico, Adriano Olivetti fu imprenditore di successo e riformatore lungimirante. Realista senza pari, comprese che, priva di una riforma morale, ogni riforma politica è destinata al fallimento” (Avvenire, ibidem).
3. Ho voluto ricordare questo imprenditore, cattolico, appassionato dal sociale e della vera politica per vari motivi. Perché un uomo così merita di essere ricordato. Ed ha ancora molto da insegnarci.
Ma anche perché un personaggio così poliedrico ci dimostra che quando un uomo porta nel cuore dei grandi ideali, si impegna a realizzarli, senza lasciarsi condizionare da nessuna ideologia. Anzi spesso con la sua azione esce fuori dagli schemi dei funzionari dei partiti e mostra che nel cercare di realizzare il bene comune si possono incontrare altri uomini e donne di buona volontà (anche se di convinzioni diverse) pronti anch’essi a mettersi al servizio del bene comune.
4. Carissimi Amici, non vorrei rubarvi molto tempo. E lascio al mio Ausiliare qualche richiesta particolare che riteniamo opportuno fare al Comune dell’Aquila. Io invece vorrei esprimere soltanto la volontà sincera di tutta la Chiesa dell’Aquila (per questo abbiamo invitato anche i nostri sacerdoti!) di dare tutta la sua collaborazione al Comune dell’Aquila, a tutti voi, in un momento così importante e decisivo per tutta la nostra città.
Tornando alla figura e all’opera di Adriano Olivetti mi piace ricordare altri aspetti della sua esperienza. “La sua vocazione politica lo portò ancora diciottenne ad aderire alla Lega democratica per il rinnovamento della politica nazionale, costituitasi attorno a “L’Unità” di Gaetano Salvemini. Lotta alla burocrazia, al clientelismo, selezione meritocratica della classe dirigente, valorizzazione delle comunità locali, polemica contro lo statalismo e, nel contempo, contro un liberalismo senza freni, suffragio universale, ma soprattutto attenzione all’elevazione materiale, morale ed intellettuale delle classi disagiate erano i fini da lui condivisi”. (Avvenire, ibidem).
5. Siamo nella prima metà del novecento. E i mali dell’Italia sono già allora come quelli di oggi. Ma non bisogna scoraggiarsi. L’importante è avere degli ideali. E per voi, carissimi Amici, l’importante è credere a ciò che il grande Papa Pio XI (il Papa che ebbe come segretario particolare il nostro Carlo Confalonieri, che diventerà poi Arcivescovo dell’Aquila) diceva alla fine degli anni venti a un gruppo di giovani cattolici belgi: “Oggi la forma più alta, più ampia, moderna ed efficace della carità è la politica”. La politica intesa naturalmente come ricerca appassionata, costante ed intensa del bene comune.
6. Carissimi Amici, chi occupa un posto come il vostro oggi deve essere consapevole di essere chiamato ad una grande missione. E chi, oggi, a L’Aquila, nel governo municipale della città, occupa un posto come il vostro, deve essere consapevole che non può permettersi di sbagliare. E non può permettersi di essere mediocre, o – come si dice a L’Aquila e in Italia – di “tirare a campare”!
7. Un giorno la storia ci giudicherà. Giudicherà noi Pastori della Chiesa dell’Aquila, se non saremo stati all’altezza della nostra vocazione. Giudicherà tutti voi, responsabili del governo della città se non avrete saputo cogliere l’importanza di questo momento ed assumervi con lucidità, determinazione e coraggio tutte le vostre responsabilità. Dico queste parole prima di tutto a me stesso, al mio Ausiliare, ai miei Sacerdoti e a tutti cristiani dell’Aquila. Ma le dico anche a voi, in questo momento, con tanto affetto e tantissima umiltà.
Proprio perché vi voglio bene e amo come voi questa città e il suo futuro vi supplico di cogliere tutta l’importanza del momento che stiamo vivendo.
8. Avviandomi alla conclusione di questo saluto vorrei aggiungere una citazione del grande pensatore e santo, Agostino, Vescovo di Ippona.
Se riflettiamo bene alle crisi grandi e piccole che, in questo ultimi tempi hanno interessato non solo l’Italia, ma l’Europa e il mondo intero, ci accorgiamo che nello spazio sociale e pubblico esistono due categorie di uomini e di donne: quelli che costruiscono e quelli che distruggono. Qualcuno parla dei “parassiti” (quelli che si lasciano dominare dal proprio egoismo) e dei “costruttori” di una società nuova (tutti coloro che sanno guardare al bene di tutti e lottare per questo bene).
S. Agostino parla di due città che si stanno costruendo ogni giorno nella storia del mondo: la “città celeste” e la “città terrestre”. Queste due città convivono tra loro in questa nostra storia. Come riusciamo a distinguerle? La differenza tra le due città è dovuta al diverso amore che vi si pratica. “Di questi due amori – spiega Agostino – l’uno è puro, l’altro impuro, l’uno sociale, l’altro privato; l’uno sollecito a servire il ben comune in vista della città celeste, l’altro pronto a subordinare anche il bene comune al proprio potere in vista di una dominazione arrogante; l’uno è sottomesso a Dio, l’altro è nemico di Dio; tranquillo l’uno, turbolento l’altro; pacifico l’uno, l’altro litigioso; amichevole l’uno, l’altro invidioso; l’uno che vuole per il prossimo ciò che vuole per sé, l’altro che vuole sottomettere il prossimo a se stesso; l’uno che governa il prossimo per l’utilità del prossimo, l’altro per il proprio interesse “ (S. Agostino, De Genesi ad litteram, 11, 16-20 in : La Genesi, Città Nuova, Roma 1989, pp. 582-583).
9. Sta a noi scegliere se essere “parassiti” o “costruttori” della vera città. Io auguro a me, a tutti i cristiani dell’Aquila e a tutti i fratelli e sorelle che, in questo momento, vivono nella nostra città di essere veri costruttori di una storia nuova, di una città nuova.
E concludo veramente. Ieri, nella preghiera della Liturgia delle Ore, mi è capitato di leggere un Salmo dove c’è scritto: “Il Signore mi ha provato duramente, ma non mi ha consegnato alla morte” (Sal. 118,18). Ho sentito che queste parole erano estremamente vere per me. Ma molti aquilani, usciti vivi dalla tragedia del terremoto, possono fare proprie queste parole. E chi ha sentito così vicina la morte ed è ancora immerso nel miracolo della vita, comincia a guardare tutto con altri occhi, a valutare ogni cosa in modo diverso, a distinguere meglio ciò che vale e dura per sempre da ciò che è segnato da un destino effimero e da una fragilità sconvolgente.
Perciò mi piace concludere questo saluto, forse un po’ troppo lungo, con le parole del Patriarca Atenagora (grande cristiano e uomo di ricca sapienza, amico di Giovanni XXIII e di Paolo VI). Sono parole che faccio mie per rassicurare tutti e, in particolare, i fratelli e le sorelle che governano la nostra città, che la Chiesa dell’Aquila è venuta qui oggi non a pretendere, a rivendicare o ad imporre. Ma solo a dare disinteressatamente tutta la sua collaborazione per il vero bene di questa nostra città e i suoi cittadini.
Ecco le parole del Patriarca Atenagora: “Bisogna riuscire a disarmarsi. Io questa guerra l’ho fatta. Per anni e anni. E’ stata terribile. Ma ora sono disarmato. Non ho più paura di niente, perché “l’Amore scaccia la paura”. Sono disarmato dalla volontà di spuntarla, di giustificarmi alle spese degli altri. Non sono più all’erta, gelosamente attaccato alle mie ricchezze. Accolgo e condivido. Non tengo particolarmente alle mie idee, ai miei progetti. Se mi vengono proposti altri migliori, li accetto volentieri (…). Ciò che è buono, vero, reale, dovunque sia, è sempre il migliore per me. Perciò non ho più paura. Quando non si possiede più niente, non si ha più paura. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? (…). Ma se ci disarmiamo, se ci spogliamo, se ci apriamo al Dio-uomo che fa nuove tutte le cose, allora è Lui a cancellare il passato cattivo e a restituirci un tempo nuovo dove tutto possibile”. (Patriarca Ecumenico Atenagora I, Chiesa Ortodossa e futuro ecumenico, Morcelliana, Brescia 1995, pp. 209-211).
Il Signore, per intercessione di Maria Santissima, Salvezza del popolo Aquilano, e di tutti i nostri Santi Patroni, in perticolare Massimo, Celestino, Equizio e Bernardino, ci benedica tutti.
Grazie! E auguri infiniti a L’Aquila e a tutti gli Aquilani”.
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