Suicidi in carcere: morire d’inerzia
Scrivono le Camere penali abruzzesi:
“Due suicidi in meno di un mese nelle strutture penitenziarie abruzzesi, due persone che ragionevolmente avrebbero potuto ricevere un trattamento diverso se la politica -nazionale e locale- non fosse rimasta per troppo tempo inerte davanti al problema carcere.
Nel registrare queste ultime drammatiche notizie non può non rilevarsi come l’approvazione della riforma dell’Ordinamento Penitenziario e la nomina del Garante regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà non possano più essere procrastinate.
La prima -frutto del lavoro svolto nel corso della scorsa legislatura dagli Stati Generali dell’esecuzione penale che hanno visto partecipare l’Accademia, l’Avvocatura e la Magistratura e lungi dall’essere una “svuota carceri” o una “salva ladri”- consentirebbe di porre la giurisdizione al centro del percorso esecutivo evitando che la concessione di benefici e misure alternative sia regolata esclusivamente da automatismi che per loro natura escludono qualsiasi valutazione sul cammino rieducativo compiuto dai condannati.
La seconda -attesa ormai da diversi anni- aiuterebbe nel monitoraggio delle molteplici criticità che si rilevano in una regione come l’Abruzzo che vanta ben 8 strutture penitenziarie, ognuna con le sue peculiarità.
All’alba di un Governo che già dichiara di volersi ispirare a criteri di stampo fortemente carcerocentrico, i Penalisti abruzzesi non possono rimanere silenti dinanzi a queste ennesime tragedie e ribadiscono che -dati incontrovertibili alla mano- l’unica via alla vera risocializzazione dei condannati, che abbatta in maniera seria il rischio di recidiva, è quella di seguire un trattamento che sia sì retribuzione per i fatti commessi ma che -come vuole la Costituzione- tenda alla loro rieducazione.
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