Duccio: le luci, i colori, le ombre
Alba Adriatica – (di Gianfranco Colacito) – L’arte è sofferenza interiore. Duccio Di Monte, che pure un ragazzo non è, si inoltra nel tempo della vita tra luce, colori, ombre di una pittura che continua ad essere ricerca in ogni opera, come se avesse sempre vent’anni. La sua carriera con il pennello è variegata. Dal natio borgo di Colonnella, presso Teramo, in riva all’Adriatico e con le montagne alle spalle, Di Monte ha percorso tutte le strade facendo mostre ovunque in Italia e all’estero, recensito dai critici illustri, sempre conflittuale nei confronti della realtà che ritrae astraendone i contorni, ma fedele alla forma che si intuisce. La sua pittura è forte, materica, talvolta arricchita da oggetti impastati nel colore. Tegole, legni, o qualsiasi altra cosa umile che per l’artista serve all’espressione di ciò che sente.
Remo Brindisi, il grande pittore abruzzese di origine anch’egli, che fu maestro di Duccio, parla di siepi, sterpi, fiori selvatici, memoria di “genti semplici”. In alcuni dipinti è vistoso l’influsso surrealistico, e sono a nostro avviso le opere migliori, in cui le figure di oggetti o esseri reali (uccelli, per esempio) si smaterializzano in colori e balzi onirici attinti dalla fantasia, dalla visione fugace che è persino difficile ricostruire nel dipingere. La mano corre libera tra colori ed evasioni dal reale, senza dimenticare la fonte d’ispirazione che emerge da quanto accade. E’ il caso del “plurimaterico” 11 Settembre a New York dove la fantasia dell’artista predomina traducendo le sensazioni laceranti della distruzione dei grattacieli in qualcosa che “dà l’idea”: colore libero, striato di figure confuse e l’allusione ad un corpo disteso, simbolo delle vittime. I temi di molte opere provengono dalla favola, dai simbolismi religiosi (L’angelo della luce), dai labirinti che sono in noi esseri viventi (Entrare nel labirinto dell’essere).
L’artista, talvolta, abbandona totalmente la realtà quotidiana per darsi al colore e alla luce, soprattutto a quella che sembra luce d’acqua azzurro-verde.
Le opere contemporanee sono ancora più enigmatiche e astratte, puro colore “plurimaterico”, come in “Personaggi in rosso”. Duccio è sempre più inquieto, vagabonda verso temi che non tramontano mai (Dove sta l’amore), cerca qualcosa che egli stesso intuisce senza afferrare a pieno. Tutto svanisce nella policromia quasi macchiaiola. Il mondo si risolve, forse, tra le frequenze elettromagnetiche che compongono la luce bianca scomposta e ricostruita. L’artista va, davanti a lui la strada senza fine che solca spazio, tempo, silenzi e suoni, non si sa fin dove. Limiti non ce ne sono.
(Nelle foto: Il maestro Duccio Di Monte esegue un ritratto per gli amici – A destra, una delle sue enigmatiche opere)
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